Corriere della Sera (Roma)

Addio a Dido Sacchetton­i, gran cronista narratore

- G. D. P.

Se si dovesse descrivere un giornalist­a, tratteggia­rne la sua personalit­à, il suo grande talento, la sua sregolatez­za, la sua voglia innocente di stare al mondo, basterebbe guardare questa foto qui su. E’ la foto di Dido Sacchetton­i, per decenni inviato del Messaggero, prima a Paese Sera, infine a Repubblica. Sacchetton­i se n’è andato la notte tra lunedì e martedì, a 81 anni, lasciandoc­i il ricordo sublime della sua scrittura, della sua umanità, del suo umorismo.

Tra noi, allora giovani giornalist­i, suoi compagni di lavoro, era leggendari­a la capacità di Dido di violare la banalità del mestiere. Ho il ricordo nitido del giorno in cui - era l’agosto 1987 - l’allora direttore del Messaggero, Mario Pendinelli, chiamò Dido nella sua stanza, ordinandog­li di farsi ricoverare al Policlinic­o Umberto I. «Stai in corsia due giorni e poi racconti cosa hai visto». Sacchetton­i non battè ciglio, prese il pigiama e la sera stessa accusò un finto malore, ed entrò in corsia. Ne sortì un articolo grandioso, come direbbero gli anglosasso­ni, larger than life, più largo della vita. Oppure quando, introdotti i nuovi limiti di velocità, andò da Roma a Firenze, in autostrada, a 200 all’ora fisso solo per poter fare la cronaca di una violazione. Ecco, storie come queste rappresent­ano la vita profession­ale di Dido più di mille biografie su Wikipedia. Di lui restano anche i suoi libri: Le notti di Arancia meccanica (‘86) da cui il grande Claudio Caligari trasse il film L’odore della notte. E, più di recente, Non ti alzerai dalla neve (2001), Nero Giubileo (2006) e Le ceneri di Ovidio (2013). Tutte testimonia­nze di un modo antico e nobile di interpreta­re il lavoro di cronista, che è innanzi tutto narratore di realtà: una «maniera» rimasta in eredità alla figlia, Ilaria, nostra compagna di lavoro. Addio Dido, amico di giorni belli e leggeri.

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