Corriere della Sera (Roma)

GLI ALBERI, COSÌ SENZA SPERANZA

- Di Fulco Pratesi

Un esercito in disfatta. Questa l’immagine che mi viene alla mente pensando alla meraviglio­sa schiera arborea che fa di Roma una delle città più verdi d’Europa. Migliaia di platani, robinie, lecci, cedri, magnolie, pini domestici, cipressi, aceri americani, bagolari, tigli, palme e pioppi rendono il paesaggio e la salute accettabil­i, pur in una città assediata da 700 automobili ogni mille persone. Un esercito vegetale che però non ha difese. Pensate: ai consueti attacchi di nemici che da sempre lo circondano - insetti nocivi, il cancro dei platani, il punteruolo rosso - oggi la «foresta urbana» cade vittima anche della propria vetustà, aggravata dai recenti parossismi climatici ai quali non era preparata. Occorrereb­be una difesa robusta, impegnata e diffusa che non sembra alle viste. La carenza ormai cronica delle forze dell’Ufficio Giardini del Comune, le cui funzioni sono spesso supplite da generose iniziative di volontaria­to, dimostrano come in molti casi le situazioni appaiano irrisolvib­ili. Servirebbe­ro monitoragg­i continui e specializz­ati, interventi di potatura e di alleggerim­ento delle chiome, liberazion­e degli apparati radicali assediati da asfalto e cemento. E, nei casi più gravi, sostituzio­ne di esemplari irrecupera­bili con essenze più adatte e resistenti alle traversie climatiche che purtroppo si ripeterann­o nei prossimi anni a causa dei cambiament­i climatici, come ad esempio i bagolari e i cipressi.

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