Referendum, 1.200 creditori e mezzi vecchi: quante spine
Rinnovo della flotta e manutenzione programmata i temi chiave
Mentre si registrano i primi segnali di ripresa, nei prossimi mesi Atac dovrà destreggiarsi su più fronti, per portare avanti la strategia di risanamento dalla quale dipendono il rilancio del servizio e l’uscita dalla crisi. Se gli indicatori finanziari sono positivi, resta il nodo della ristrutturazione aziendale. Tradotto: rinnovamento della flotta (l’età media dei bus è di 13 anni) e un sistema di manutenzione in grado di ridurre i guasti, anziché intervenire quando il problema si è già verificato e l’autista è costretto a fermarsi. Dopo la gara da 98 milioni per l’acquisto di 320 bus andata deserta, entro il 2019 dovrebbero arrivare 227 mezzi (il 40% dei quali a metano) tramite la piattaforma Consip (valore dello stanziamento 76 milioni: 18 effetto dell’assestamento di bilancio, 20 di fondi europei, 38 misti tra Roma Capitale e ministero dei Trasporti). «Speriamo a stretto giro, altrimenti il servizio si blocca — paventa una fonte sindacale — . Adesso su 1.300 vetture in uscita dalle officine, alle 10 il 33% si rompe». Se non fosse che, in attesa dello svecchiamento, gli interventi sui veicoli vetusti andrebbero gestiti in modo diverso: «Si procede solo sui guasti in linea, quando il bus è in panne — rivela il sindacalista — , non in officina dopo tot chilometri... Manca la manutenzione programmata, del resto siamo sotto organico: 600 operai per 2.000 mezzi di superficie».
Altro problema, i pezzi di ricambio: «Sempre più difficili da reperire sul mercato, visto che i modelli in dotazione superano i 10 anni. Le ditte fornitrici sono poche, fanno cartello e dettano le regole». Senza contare che, in mancanza di un adeguato approvvigionamento, i tempi si allungano: «Se ordini un pezzo di ricambio per un bus fermo oggi, rischia di arrivare fra 3 mesi...». Le obiezioni non si fermano alla sostituzione delle parti meccaniche deteriorate: «Non si parla d’altro che dell’inchiesta interna sui flambus, mentre andrebbe intensificato il servizio di pulizia dei vani motore: se si riparano le perdite, ma non si rimuovono gli accumuli di grasso, col calore nell’evaporazione c’è il pericolo che si inneschi un principio di incendio».
Tra le prove d’autunno, Atac dovrà vedersela anche con il referendum, indetto per l’11 novembre: i romani saranno chiamati a esprimersi sulla messa a gara del servizio, prorogato al 2021. La propaganda, come previsto dal regolamento approvato in assemblea capitolina, potrà iniziare non prima di un mese dal voto. I Radicali, promotori della consultazione, spingono perché i cittadini siano informati: «Confidiamo che da settembre il Comune attivi tutti i canali previsti — auspica Riccardo Magi, segretario del partito — dal sito ai social, fino alle affissioni».
Tra le ultime tappe da superare per salvare gli sforzi compiuti finora, la più insidiosa è quella fissata per il 19 dicembre, quando i creditori di Atac dovranno decidere se accettare o meno il piano di rientro dal debito spacchettato in tre tranche (la prima cash, le altre sotto forma di strumenti finanziari partecipativi simili a bond diluiti nel tempo). Dopo il parere favorevole del tribunale al concordato, resta la negoziazione con la galassia di 1.200, tra grandi e piccole imprese, che vantano crediti verso Atac. Nel frattempo, ieri l’azienda ha aperto un’indagine interna su un autista che guardava un video sul telefonino mentre era alla guida.