David Garrett, il violinista «del diavolo»
In concerto mercoledì al Palalottomatica «Sarà un cross-over fra pop, funk, jazz»
Explosive com’è lui, noto come «il violinista del diavolo». Explosive è il nome del disco e il live con il quale David Garrett arriva mercoledì al Palalottomatica, una pirotecnìa sonora dal rock di Purple Rain e They don’t care about us,a pezzi pop come Viva la vida, a brani classici arrangiati alla sua maniera (Quinta di Beethoven, Estate di Vivaldi). Le sue composizioni originali hanno titoli rivelatori, Furious, Explosive...Lui con quell’aria un po’ così, capelli lunghi biondi e pelle tatuata, non certo l’aspetto di un violinista classico, anche se classica è la sua formazione: l’archetto in mano fin da piccolissimo, ha tenuto concerti, nel nostro Paese, con la Filarmonica della Scala diretta da Chailly, con l’orchestra di Santa Cecilia, con la Sinfonica della Rai di Torino.
«Al Palalottomatica saranno due ore e mezza di ottovolante musicale, un cross-over fra i generi, funk, jazz, rhythm ‘n’ blues, colonne sonore — descrive Garrett, collana con il Crocefisso, i capelli racchiusi in un turbante da cui scappa qualche ciocca —. Credo serva ad avvicinare i più giovani al violino. Nei palazzetti poi l’esperienza è incredibile, ti senti piccolo su quel palco enorme, e la reazione è molto gratificante. L’Italia è nel mio cuore: ogni violinista che si rispetti ha Paganini come riferimento, a 13 anni ero già in tournée con i suoi Capricci. Qui ho registrato il mio primo concerto per Deutsche Grammophon, e italiano è uno dei miei gioielli, uno Stradivari del 1816».
La sua carriera è stata costruita sul sacrificio: «Anche a me è successo di andar via di casa, di pensare che tutto nei miei fosse sbagliato. Ma fin da piccolo ho piantato le basi per costruire una vita nella musica,e adesso mi trovo a riflettere: non cambierei il passato, ma non vorrei riviverlo. Sono orgoglioso di aver dato nuove opportunità al violino, quando prima tutti credevano che solo i meno bravi si dedicassero a generi moderni. Non è così! E ognuno è seguace di qualcun altro: Paganini ha riarrangiato l’opera lirica, che all’epoca veniva cantata per strada. Bach si ispirò a Vivaldi. Noi musicisti non viviamo in una bolla. Fra i miei miti i Coldplay, di cui eseguo due brani, e gli Ac/Dc. Fantastici».
Prosegue: «Amo passare dal violino acustico a quello elettrico. Sorprendere, senza sconvolgere. E passeggiare in mezzo al pubblico: gli spettatori sono volti, non solo cellulari. Ogni mio live è diverso dall’altro». Un viaggio di cui v’è traccia nei tatuaggi: «Non hanno alcun significato, ma coincidono con alcune tappe della mia vita: un successo, la fine di un tour. Hanno un senso ai miei occhi».