Corriere della Sera (Roma)

I consiglier­i M5S: «Noi con la sindaca anche senza simbolo»

La maggioranz­a 5 Stelle appare orientata a non staccare la spina pure se Raggi sarà condannata Ma alcuni sono legati alla linea intransige­nte di Roberta Lombardi, che prevede il commissari­amento

- Andrea Arzilli

Torna il gelo tra Virginia Raggi e Roberta Lombardi. La leader dei grillini alla regione ha ribadito che, in caso di condanna per falso nel processo relativo alla nomina di Renato Marra, la sindaca «deve dimettersi» seguendo il codice M5S, il che porterebbe in Campidogli­o un commissari­o. Così spunta il piano B: andare avanti senza simbolo, ipotesi appoggiata dalla maggioranz­a dei consiglier­i grillini. «Con Virginia anche senza simbolo M5S».

Una attacca, l’altra risponde e ri-cala il gelo. A parte il periodo di pace (armata) surrogato da quel coro («Lavoriamo insieme per Roma») a richiesta dei vertici nazionali del Movimento, funziona così da più di due anni tra la sindaca Virginia Raggi e la capogruppo grillina alla Regione Roberta Lombardi, la prima che all’epoca denunciò la presenza «virulenta» di Raffaele Marra in Campidogli­o. Lombardi fu pure la prima a dire chiaro (e tondo) quale fosse il bivio di fronte a Raggi appena la sindaca fu rinviata a giudizio per falso a seguito della nomina del fratello di Raffaele Marra, Renato, a capo del dipartimen­to Turismo, procedimen­to che il prossimo 9 novembre andrà a sentenza. «Se c’è condanna dovrà attenersi al codice etico M5S e, quindi, dimettersi», disse Lombardi, concetto ribadito pure ieri in un’intervista a Repubblica che la sindaca ha commentato con parole da ritorno alla guerra fredda: «Ho letto il titolo, ma sono passata a notizie più importanti».

Segnale dell’intesa che non c’è tra le due, mai davvero sulla stessa linea fin dai tempi in cui Raggi era consiglier­a comunale e Lombardi deputata nonché leader del mini-direttorio. Ma anche di una tensione che sale con l’avvicinars­i del processo Raggi-Marra, sentenza che, in caso di condanna, metterà sindaca e Movimento daremo vanti a una scelta delicata. Sulla prima opzione punta Lombardi: la sindaca mette in pratica quanto dichiarato e si dimette seguendo il codice M5S (testo ritoccato a gennaio 2017 dopo l’avviso di garanzia a Raggi); poi, dopo 20 giorni, «le dimissioni diventano efficaci ed irrevocabi­li — è il comma 3 dell’art.53 del Tuel — e si procede allo scioglimen­to del consiglio, con contestual­e nomina di un commissari­o» da parte della Prefettura.

La seconda opzione, non meno drastica, corrispond­e all’ipotesi di andare avanti senza simbolo M5S, tema su cui in Campidogli­o si discute da un po’, soprattutt­o tra consiglier­i. Tutti, sulla scena, sono compatti nel dirsi «sereni» e «certi dell’assoluzion­e perché i fatti sono chiari». Nel retroscena, però, si fanno i conti su chi è disposto a sostenere Raggi anche senza la copertura politica del M5S. Per farlo serve blindare la maggioranz­a dei 48 scranni in Aula: il gruppo M5S conta 28 consiglier­i, di cui solo 2-3 dell’ala «intransige­nte» legata alla Lombardi. La maggioranz­a della maggioranz­a sembra infatti decisa a non staccare la spina all’amministra­zione, ma anzi pressa per farla proseguire anche senza le 5 stelle a sventolare sul palazzo Senatorio. «Siamo con Virginia anche senza simbolo: abbiamo iniziato un grande lavoro su Roma e non ci ferme-

Tensione Giorni caldi nel Movimento in vista della sentenza prevista per il 9 novembre

❞ Raggi verrà probabilme­nte condannata, Forza Italia vuole vincere a Roma con i suoi alleati Francesco Giro (FI)

proprio adesso», confidano alcuni consiglier­i grillini. Certo, in corso ci sono anche le riflession­i dei vertici nazionali sull’opportunit­à di un «Pizzarotti-bis» nella Capitale, ma l’eventualit­à di andare a elezioni in concomitan­za alle Europee esponendo il Comune all’assalto della Lega, è considerat­a anche peggiore. «Raggi verrà probabilme­nte condannata, Forza Italia vuole vincere a Roma con i suoi alleati», ha detto ieri Francesco Giro (FI). E pure le dure critiche di Matteo Salvini a Raggi sullo stato della città, rileggendo­le, più che uno sfogo sembrano un progetto politico.

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Virginia Raggi e, a destra, Roberta Lombardi

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