Licia Maglietta porta in teatro la «grande età»
Licia Maglietta debutta giovedì al Piccolo Eliseo con il monologo dal romanzo di Clotilde Marghieri «È una conversazione intima, ironica, sulla “grande età”»
«Ma qual è la mia vera età di oggi? Se le contiene tutte, nessuna consumata, nessuna maturata, tanto che non riesco a seguire il trapasso dall’una all’altra? Qual è?». Licia Maglietta porta in scena Amati
enigmi dal romanzo (Premio Viareggio 1974) di Clotilde Marghieri, di cui è protagonista, firmandone anche l’adattamento drammaturgico e la regia. Lo spettacolo debutta il 6 dicembre al Piccolo Eliseo, prodotto da Teatri Uniti e Teatro Segreto. Un tema complesso...
«Assolutamente sì - risponde l’attrice-regista - Prima di tutto perché la scrittrice Mar-
ghieri è poco conosciuta, nonostante sia appartenuta a un periodo intellettualmente e letterariamente molto intenso e ricco: era napoletana, nata nel 1897, cugina del poeta Carlo Betocchi, collaborava a vari quotidiani, tra i quali il Corriere della Sera... Insomma una bella testa».
Qual è la trama del testo?
«Una donna, di nome Clotilde, durante la notte di un imprecisato Capodanno, parla a un amico, un misterioso interlocutore, Jacques, evocando fatti del tempo lontano e vicino, ricordi ma non nostalgie, semmai una lunga lettera in cui si esprime una riflessione sull’oggi, e soprattutto una conversazione intima, ironica, su quella che definisce la “grande età”. Quell’età in cui il corpo avvizzisce e le rughe del volto possono giocare crudeli tiri mancini».
Per Licia Maglietta cos’è la «grande età»? «Se mi guardo allo specchio, ovviamente vedo i segni del tempo, ma forse non ricordo come era il mio volto vent’anni fa, forse mi sembra uguale ad allora. Non perdo tempo su queste cose. Piuttosto, mi viene da pensare ad altro».
A cosa?
«Al fatto che noi donne, in particolar modo noi attrici, nel nostro ambiente, siamo rottamate prima dei colleghi uomini. Se non
ti rifai i connotati, se continui ad apparire, a essere quello che sei, non esistono più ruoli per te. Tra i 50 e i 70 anni circa, non esistono ruoli possibili, c’è un buco. Solo dopo i 70, puoi sperare di essere scritturata, magari per fare la nonnina».
Proprio ieri tutti i giornali riportavano la notizia che, secondo quanto afferma la Società di gerontologia e geriatria, oggi si è ufficialmente anziani dai 75 anni in su. Lei che ne pensa?
«Occorre avere una visione lucida sul senso della nostra vita. Riconoscersi per quello che siamo stati, per quello che abbiamo fatto e per ciò che avremmo potuto fare: le scelte che abbiamo compiuto, giuste o sbagliate... Questo è ciò che conta».
La rincorsa all’eterna giovinezza? «Credo che, in proposito, si faccia molta confusione. Se è vero che il nostro corpo va rispettato, è anche vero che se il cervello resta quello di una o di un ventenne non va bene. A fronte della conquista dell’eterna giovinezza, non deve fare da contraltare una eterna giovinezza della testa... Insomma, non possiamo far finta di essere perennemente giovani a tutti i costi, ma dobbiamo avere coscienza degli anni che passano e dell’età che abbiamo conquistato, altrimenti siamo dei dissociati. Il lifting serve a poco, quello che serve è altro».
La trama Premio Viareggio nel 1974, il libro ha per protagonista una donna che evocando fatti lontani esprime una riflessione sull’oggi Rughe Se mi guardo allo specchio vedo i segni del tempo, ma forse non ricordo come ero vent’anni fa, forse mi sembro uguale ad allora