Sfiducia flop, liti interne e accuse dentro M5S e FI
La mozione fa flop, accuse tra opposizioni. L’azzurra Cartaginese vota con il Pd. Lite Lombardi-Corrado
Doveva uscire sfiduciato Nicola Zingaretti, ma sono le opposizioni ad uscire sconfitte dall’Aula: la mozione viene respinta con 26 voti, solo in 22 hanno spinto per il ribaltone. Ne esce spaccata Forza Italia, con la consigliera Cartaginese che vota per Zingaretti, segnale di un partito diviso in due correnti. Mentre il M5s di Roberta Lombardi, che aveva deciso di disertare il Consiglio, si presenta al voto dopo il richiamo all’ordine arrivato da Grillo e Di Maio.
Era partita per far saltare il governatore fuori dal suo scranno. Ma, alla fine, a saltare fuori è solo il reticolo di faide incrociate dentro e tra le opposizioni. Fatto sta che la mozione per sfiducia finisce per allungare la vita a Nicola Zingaretti che, coperto da una maggioranza ancora più solida, termina la mattinata presentando il taglio delle tasse nella manovra di bilancio.
Ventisei contrari, quindi pro-governatore, zero astenuti e appena 22 voti a favore del siluro politico armato da destra con Stefano Parisi primo firmatario. Un flop. Peggio, un boomerang. Un esempio: fra i contrari anche Laura Cartaginese, consigliera di Forza Italia, che ieri ha annunciato di non riconoscere più «l’autorità del capogruppo Aurigemma». Assenti, oltre all’ex leghista Enrico Cavallari che, in settimana, ha disinnescato i piani di ribaltone annunciando di non voler votare la sfiducia in polemica con la Lega, pure il forzista Pasquale Ciacciarelli, da venerdì sera in «missione culturale» a Edimburgo. Mentre Sergio Pirozzi, presente alla discussione, prima del voto è salito su un aereo, direzione la Puglia, perdendosi buona
❞ «C’è la necessità di interrompere subito l’esperienza di questo presidente alla Pisana» Valentina Corrado
parte delle schermaglie «fratricide» tra consiglieri.
Quelle in Forza Italia, in primis. Già a luglio era uscito dal gruppo Giuseppe Cangemi, e ieri anche la Cartaginese si è tirata fuori in polemica aperta. Uno spaccato della lotta fra le correnti di Antonio Tajani e Maurizio Gasparri che, nel Lazio, trovano proiezione rispettivamente in Claudio Fazzone e Francesco Aracri. Nei giorni
scorsi Fazzone aveva invitato i consiglieri del suo partito a disertare l’Aula e snobbare la mozione — non a caso presentata alla Camera, cioè in «zona Gasparri» — che, invece, era sostenuta dal capogruppo Aurigemma. Un modo, forse, per evitare ribaltoni ed esporre il Lazio all’assalto della Lega. E anche, perché no, per dare una spallata a Gasparri a cui un pensiero sullo
scranno di governatore è balenato. Di fatto, Forza Italia si spacca deflagrando nel conflitto Fazzone-Aurigemma.
Forse ancora più intricata la questione 5 Stelle. La spaccatura c’è. O meglio c’era, visto che sono dovuti ri-scendere in campo i vertici nazionali e Beppe Grillo per ripristinare la calma tra la capogruppo Roberta Lombardi e Valentina Corrado, colei che la Lombardi ieri definiva sarcasticamente «la capogruppo in seconda». Inizialmente la linea della diserzione era stata dettata da Lombardi. Corrado, però, il venerdì dà indicazione contraria seguendo i diktat di Grillo e Di Maio. Il conflitto va in scena in Aula, dove intervengono entrambe dicendo cose opposte: la Lombardi parla di un M5S interessato a un’opposizione «onesta e leale, sui temi», mentre Corrado ribadisce la «necessità di porre fine all’amministrazione Zingaretti». Due correnti, insomma. Perché? Galeotto un post di venerdì sera con cui il segretario PdRoma Andrea Casu invitava i romani sia ad andare a votare alle primarie dem per il Lazio sia a firmare per le dimissioni della sindaca Virginia Raggi, nemica di Lombardi e amica di Corrado. Secondo i rumors Raggi non gradisce e si sfoga con Grillo che, a tarda sera, sconfessa la linea di Lombardi e ordina via post ai grillini in Regione di andare a votare la sfiducia a Zingaretti: tra raccolta firme per le dimissioni di Raggi e scranni vuoti davanti al trionfo di Zingaretti, si rischiava un sabato troppo dem.
Grillo Venerdì sera diktat ai suoi: andare in Aula