Scuole, 7 su 10 sono fuorilegge
Dalla ricerca Censis emerge la grave mancanza delle autorizzazioni. Un crollo ogni quattro giorni
È il Lazio la regione italiana con il più alto numero percentuale di istituti scolastici non a norma: oltre il 70% delle scuole sono prive del certificato di agibilità o di quello antincendio. Lo dice il rapporto Censis 2018, diffuso ieri. In ritardo anche i controlli.
Il Lazio ha ben poco invidiabile primato per il più alto numero di edifici scolastici non a norma. È uno dei dati salienti contenuti nel rapporto Censis del 2018.
Nello scorso anno scolastico gli edifici senza certificato di agibilità erano in Italia 21.606 (il 53,8% del totale), senza certificato di prevenzione incendi 23.907 (il 59,5%) e senza entrambe le certificazioni 15.946 (il 39,7%). All’interno di queste categorie, il Lazio assomma tra le sue scuole oltre il 70% di istituti privi delle necessarie certificazioni, seguita da Sardegna (65,1%), Abruzzo (63,4%) e Calabria (63,3%). A ciò si aggiunge che oltre un quinto delle scuole (23,1%) è stato costruito prima del 1960 (quota che supera il 40% in Campania) e il 28,2% è nato per un uso diverso da quello scolastico (in Liguria si arriva al 49,8%). I dati non passano come ovvio inosservati e in una lettera a
Università
Saldo positivo per gli studenti da altre regioni: sono 48 mila. Il Pil: -4% rispetto al 2008
firma di Roberta Lombardi, capogruppo M5S in Regione, rivolta al presidente del Consiglio regionale, Daniele Leodori, e inviata anche ai capigruppo delle altre forze politiche alla Pisana, si chiede «che sia convocato al più presto un Consiglio straordinario sull’edilizia scolastica». A questo si aggiunge la denuncia della Associazione nazionale presidi, secondo cui tra il 2017 e il 2018 si è verificato un crollo ogni 4 giorni e che il Lazio è tra le ultime regioni nello svolgere i controlli necessari sugli interventi strutturali.
Restando in tema istruzione e salendo fino all’università, il Lazio (ma sarebbe meglio dire Roma) continua ad attrarre studenti da tutta Italia. Il Censis calcola infatti che mentre per alcune regioni, soprattutto del Sud, il saldo netto fra gli ingressi e le uscite sin dalla prima immatricolazione universitaria (laurea triennale o magistrale a ciclo unico), risulta molto negativo (Puglia -35 mila studenti, Sicilia -33 mila, Calabria -23 mila), il Lazio, anche per questioni di vicinanza geografica a questi bacini di emigrazione, è in testa tra le regioni in grado di calamitare la maggior parte degli studenti. Il saldo positivo dell’ultimo anno è stato di +48.607 arrivi, davanti ad Emilia Romagna (+32.918), Lombardia (+24.449) e Toscana (+14.268).
Dove le cose vanno male, però, è quando si passa dalla laurea al mondo del lavoro a causa della situazione economica generale. Anche qui i dati della nostra regione spiccano nella apposita classifica dell’andamento del Pil, stavolta in negativo. «A fine 2017 — scrive l’istituto di ricerca — il Paese era ancora 4 punti sotto il valore del Pil del 2008, ma con regioni in pieno recupero e altre in forte arretramento, tra cui appunto il Lazio, che registra un -5% (e la fuga delle grandi aziende dalla Capitale ne è la chiara fotografia).