ULTIMA CHIAMATA PER RAGGI
Con durezza, Virginia Raggi si è procurata l’ultima occasione di risalita. Il terreno scelto dalla prima cittadina è quello dell’immondizia, emergenza (visiva, olfattiva) numero uno nella Capitale. In due anni e mezzo di governo la sua giunta non è riuscita a dare risposte credibili alla questione e, anzi, lo stato delle strade con quei cumuli non degni di una città europea - hanno tolto consensi giorno dopo giorno alla sua compagine. Per recuperare, e giocarsi una chance di secondo mandato per i M5S, Raggi ha finalmente pensato che sulla questione non dovesse cedere neanche di un metro: così il bilancio Ama non è stato approvato in modo da spingere i responsabili da ella stessa scelti in passato a cedere il passo. E così è stato. La fedelissima di Grillo, l’emiliana Pinuccia Montanari, s’è dimessa, e il manager Bagnacani è quasi sull’uscio.
Cosa potrà fare adesso la sindaca? Innanzi tutto, trovare un nome credibile (e forte) per sostituire Montanari, rea di un non decisionismo che ha spinto la città verso il tracollo.
Quindi una persona che ci sappia fare, che capisca innanzi tutto un’evidenza della politica: l’immagine di un cassonetto fetido davanti a casa nostra non sarà mai compensata da nessun reddito di cittadinanza, da nessun bel discorso sull’ideologia dell’unovale-uno. Il cassonetto colmo di rifiuti vale, in negativo, molto più di uno. Vale mille.
A questo punto il nuovo assessore avrà un mandato pieno per risolvere il problema. Sarà necessario che costui non si trinceri dietro inutili steccati ideologici: Roma non si pulisce con proclami ma con mezzi meccanici e lavoro di uomini. E si terrà pulita solo così: senza sbandierare fideismi. I tecnici sanno bene che le cose sono cambiate, che si possono fare discariche «di servizio» a basso impatto ambientale, quindi non si tratterebbe adesso di affidarsi a una nuova Malagrotta. Ma di dare una risposta alla città, questo sì. Ora o (per la giunta Raggi) mai più.