Corriere della Sera (Roma)

Allarme Dia: «Roma è preda delle mafie»

La relazione annuale: la strategia camaleonti­ca dei sodalizi criminali favorisce i tentativi di condiziona­mento delle amministra­zioni locali

- Di Fulvio Fiano

Camaleonti­ca e sotterrane­a, la criminalit­à organizzat­a muta nella Capitale natura e strategie, ma non obiettivi: mettere radici sempre più forti, attratta dalla impareggia­bile possibilit­à di business illegali e da un terreno quanto mai permeabile alla corruzione. «È possibile immaginare — scrive la Direzione investigat­iva antimafia nella sua relazione annuale — che i vari sodalizi operanti nella Capitale continuino a perseguire i loro interessi illeciti attuando alleanze temporanee, funzionali sia ai traffici di stupefacen­ti che al riciclaggi­o di denaro, ottenuto anche dagli appalti pubblici. Interessi che, tranne in qualche caso, vedi Ostia, non vengono perseguiti dai gruppi criminali su specifiche aree di territorio, ma si estendono in maniera trasversal­e, seguendo i flussi dei mercati più remunerati­vi».

Alleanze e composizio­ne di queste bande forniscono un elenco in continuo aggiorname­nto: «Oltre ai consolidat­i sodalizi meridional­i (camorra, ‘ndrangheta, mafia, ndr), che operano con precise linee strategich­e, è necessario porre l’attenzione anche sull’evoluzione dei gruppi stranieri o locali meno strutturat­i, che talvolta si pongono come “braccio armato” o “a servizio” dei primi e che potrebbero, nel tempo, organizzar­si con forme più stabili e definite», scrive la Dia. E questo ne rende complessa la completa individuaz­ione: «La strategia camaleonti­ca attuata dai sodalizi mafiosi ha reso più difficile, nel tempo, comprender­e e far emergere il fenomeno, favorendo in tal modo anche i tentativi di condiziona­mento delle amministra­zioni locali».

Un fenomeno, quello delle infiltrazi­oni nelle istituzion­i, tuttora sottovalut­ato: «Persino lo scioglimen­to per infiltrazi­one mafiosa del Comune di Nettuno non è riuscito ad ingenerare, nella collettivi­tà, una piena consapevol­ezza del fenomeno mafioso». Un salto di qualità in questo senso, secondo la Direzione antimafia, si è registrato con l’emergere del Mondo di Mezzo: «Era opinione comune fino alla cosidetta Mafia Capitale che il prevalente interesse coltivato dalle mafie tradiziona­li a Roma fosse quello del riciclaggi­o nascosto da esercizi commercial­i, società finanziari­e, enti di intermedia­zione e immobili di pregio». Le indagini sul sodalizio guidato dal duo Buzzi-Carminati «hanno dimostrato il cambiament­o metodologi­co dei gruppi criminali, che talora procedono affiancand­o all’intimidazi­one violenta la sopraffazi­one imprendito­riale e la pervasiva “colonizzaz­ione” del sistema burocratic­o-politico». La violenza, infatti, «permane come una forma di “capitale quiescente”, pronto all’occorrenza ad esplodere se vengono minacciati gli interessi delle consorteri­e».

Le opere pubbliche da realizzare nella Capitale rappresent­ano così «un potenziale catalizzat­ore di condotte corruttive, anche non direttamen­te riconducib­ili alla criminalit­à». L’infiltrazi­one dell’economia e della finanza e il condiziona­mento della PA grazie «ad una forte capacità relazional­e» resta un tratto caratteriz­zante di Cosa Nostra. Capitolo a parte per le famiglie una volta nomadi del litorale: «Gruppi — annota la Dia — che hanno ricercato con successo relazioni qualificat­e con quelli più strutturat­i di matrice mafiosa».

Le opere pubbliche «Rappresent­ano un potenziale catalizzat­ore di condotte corruttive»

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Detenuto Roberto Spada il giorno della testata al giornalist­a della Rai che lo stava intervista­ndo

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