Fotoromanzi, il volto di un divo
Una mostra, tre film (e tante copertine) per l’omaggio a Franco Gasparri, scomparso vent’anni fa
Lo ripeteva sempre a sua figlia, «guarda che la popolarità è un miracolo». Così proteggeva Stella (attrice e doppiatrice) dalle (possibili) delusioni a cui va incontro l’artista. E l’attore in particolare. Ma a lui, a Franco Gasparri quel miracolo è riuscito perfettamente. A vent’anni dalla sua morte e dopo una carriera brevissima da attore di fotoromanzi e cinema, spezzata da un tragico incidente motociclistico, una mostra e una rasdicata
cinematografica lo commemorano. Ricordano un artista diventato icona di anni mitici. «Omaggio a Franco Gasparri stella degli anni 70» è l’evento (con il sostegno della famiglia), che inaugura domani alla Casa del Cinema. Si comincia alle 19 con la proiezione del documentario Un volto tra la folla, che la stessa Stella ha dedicato al padre, non escludendo anche la parte finale del sua vita, «sempre rispettando la sua volontà di non mostrarsi troppo, ma volevo anche che la sua condizione non diventasse un tabù per nessuno».
Fulcro della rassegna è la mostra fotografica, «divisa in tre sezioni, una dedicata al suo lavoro nei fotoromanzi, una seconda dedicata al cinema e anche ai cartelloni cinematografici dipinti da mio nonno Riccardo, la terza è dealla sua vita dopo l’incidente», spiega. Ma verranno proiettati anche i film di Gasparri, ormai veri cult-movie , «il 25, 26 e 27 maggio alle 18 saranno proposti Mark il poliziotto, Mark il poliziotto spara per primo e La preda», continua Stella. Quest’ultimo uno dei due film girati con Zeudy Araya.
La carriera dell’attore viene spezzata nel 1980 da un incidente in moto, il verdetto è implacabile perde l’uso degli arti, scompare da ogni palcoscenico e dalla vita pubblica. «Papà decise così, non aveva voglia di condividere pubblicamente questo momento complesso della sua esistenza», racconta Stella. Lui si sottrae al pubblico, ma le sue fans non lo dimenticano, continuano a scrivere lettere per anni che raggiungono la sua casa non lontana da San Pievisa tro e vengono conservate in un stanza.
Gasparri fu sicuramente un attore molto bello, ma rimase soprattutto un ragazzo semplice, «un marchigiano» attaccato alla sua famiglia, alla sua vita vera. «Mio padre aveva ben chiara la differenza tra essere persona ed essere personaggio - continua Stella - . E lui quando finiva di lavorare tornava “Franchino”, come lo chiamavano gli amici del suo paese. I primi che oltre dieci anni fa gli hanno dedicato una mostra fotografica. Anche loro devo ringraziare». Tornava spesso a Senigallia da nonno Marino e nonna Adalgisa alla quale era molto legato. Come non vedeva l’ora ogni giorno di tornare dopo il lavoro dalla moglie Stella e dalle figlie.
Gasparri (nato nel 1948 e morto nel ‘99 per un’ improvsegna crisi respiratoria) divenne proprio il simbolo degli anni 70. Non ebbe mai bisogno di uno pseudonimo, un vezzo «seventies» che non lo toccò. Quando la Lancio iniziò a pubblicare i suoi fotoromanzi all’estero diede dei nomi d’arte a tutti i suoi attori: Adriana Rame divenne Anna Rivers, Claudia Rivelli fu Marion Martin per esempio. Invece Franco Gasparri rimase Franco Gasparri. Lui era ormai la punta di diamante della casa editrice. In dieci anni ha interpretato 429 fotoromanzi di cui 390 da protagonista. Un affetto che ricambiò, resistette alla corte serrata di produttori cinematografici che volevano trascinare le sue storie d’amore dalla carta alla pellicola.
Recitò per il cinema tra un fotoromanzo e l’altro, solo quando gli veniva proposto qualcosa di convincente. Fu
Mark il poliziotto per Stelvio Massi, ovvero il commissario della narcotici Marco Terzi. Il film costò 208 milioni ed incassò miliardi. «Aveva la stessa età di Gesù quando la corsa in moto lo ha fermato », dice la figlia, «ma è riuscito a farci diventare grandi, ad insegnarci tutto prima di lasciarci».