Da Charlize alla povertà: la parabola di Balloon, sogno di moda dei Greco
Gabriella, la proprietaria, costretta a vendere
Cassettiere, comò e scrivanie, arredi garbati dei negozi Balloon, sono stati messi in vendita giorni fa. Custodivano sete e velluti: ripianeranno il debito con la banca. Quello dei mobili ceduti a pochi euro è l’ultimo capitolo di una rapida spoliazione. Un monumento a futura memoria dell’imprenditore: attenzione agli accordi con gli istituti di credito.
A 78 anni Gabriella Greco, sorella di Roberto, capostipite dell’impero della mongolfiera, scende e sale i gradini di pietra della sua casa sull’Appia antica. Era la favola discreta di una dinastia baciata dall’intuizione. Oggi, tra foto e rammendi, pignoramenti e debiti, è il disordinato rifugio di una donna che lotta:«Erano gli anni Sessanta, Mao Tse - tung era ancora vivo — racconta — visitammo Singapore quasi per caso, i magazzini erano uno spettacolo: cachemire, seta e cotone appesi a stampelle di fil di ferro come stracci quotidiani. Era un’economia contadina. Restammo affascinati».
Fu la scintilla. Durante il volo di rientro in Europa si tenne un rapido summit di famiglia: «Decidemmo di esplorare la Cina e, al rientro, andammo in ambasciata». L’idea del cachemire a prezzi popolari è ormai in cantiere. La famiglia Greco affronta la burocrazia dell’epoca, carta carbone e ideologie: «In ambasciata riempimmo dei questionari. Ricordo che fra le domande c’erano quelle sulla religione e sul partito politico, scrivemmo “cristiana” e “liberale”, poi consegnammo tutto all’impiegato».
Il socialismo in una t-shirt. A fine anni Settanta Gabriella va e viene dai distretti di Pechino e Shangai. Si destreggia fra ricami e taglie piccole («Loro sono più minuti») e porta a casa abiti innovativi dal taglio essenziale.
«La prima grande vendita di
maglioncini e camicie - racconta - fu nel garage di casa, con il semplice passaparola». Gabriella cercava, selezionava e comprava. Una foto, spuntata da una pila di documenti conservati in cucina, ritrae i fratelli Greco durante un volo di rientro dalla Cina. Valigie cariche di indumenti e pacchi gonfi di merce. Il sogno Balloon a bordo di un aereo. Più in là uno scatto di Trentotto, il micio di famiglia così chiamato perché preferiva le scatole con le taglie
38. Ora in questa casa senza riscaldamento, misura drastica decisa per economia, si affollano memorie e oggetti.
Gli anni Ottanta videro la moltiplicazione dei negozi con il brand della Mongolfiera: «Dalla Casilina a via dei Condotti— sorride — Ricordo l’acquisto della boutique in piazza di Spagna. Gli operai stavano scartavetrando la volta per poi imbiancare e, di colpo, comparvero dei colori. Blu cobalto, rosa pallido, verde: erano le Grottesche, il soffitto era pieno». Gli anni Novanta furono quelli del boom. I pigiami in raso di Balloon spopolarono anche a Milano.
Intanto cominciava, in sordina, il fenomeno dell’abbigliamento veloce, genere Zara. Gabriella Greco, responsabile degli acquisti di Balloon, assiste al lancio del marchio Blunauta pubblicizzato da una splendida Charlize Theron. Raccontano che l’ingaggio dell’attrice fu monstre. Per sfilare con i velluti Blunauta la Theron ottenne una cifra straordinaria. Quello, col senno di poi, fu un errore manageriale.
I Greco sottoscrivono prodotti derivati e fideiussioni, inclusa una, dal nome Omnibus sulla quale di recente si è pronunciata la Cassazione perché conterrebbe profili di irregolarità. Si apre la stagione delle dismissioni e dei fallimenti. Via piazza di Spagna. Venduta anche via dei Condotti.
«La banca ci ha strangolato. Tra le altre cose sono stati venduti 550mila pezzi a venti centesimi l’uno. Ci è stata negata la sopravvivenza» dice Gabriella.
La battaglia contro i derivati di Unicredit si è spostata in procura dove è aperta un’inchiesta che ora, però, rischia di essere archiviata. La perizia del Tribunale, depositata pochi giorni fa è chiara: la banca non ha applicato tassi illeciti. Restano in piedi le cause civili. Oggi, dalla casa sull’Appia antica, la fine di Balloon pare ancora da scrivere.
L’inchiesta
In procura la battaglia contro i derivati Unicredit rischia di essere archiviata