Il delitto di Beau, chiesto l’ergastolo
Il pm: massima pena per Galioto, il «punkabbestia» accusato di aver ucciso lo studente Usa
Aspetterà da uomo libero il giorno della sentenza, quando potrebbe essere condannato all’ergastolo Massimo Galioto, il punkabbestia accusato della morte dello studente americano Solomon Beau, 19 anni, annegato nei Tevere la notte del 30 giugno 2016.
Il verdetto è previsto per il 21 giugno. Allora la Corte d’assise deciderà se accogliere la richiesta della procura che ha proposto il «fine pena mai» per il 44enne senza fissa dimora difeso dell’avvocato Michele Vincelli. A convincere i pm Nadia Plastina e Gennaro Varone a chiedere l’ergastolo sono state due circostanze aggravanti, almeno stando alla loro ricostruzione di quanto successo tre anni fa.
Per gli inquirenti, quella notte Galioto avrebbe spinto Beau facendolo cadere in acqua perché era furioso di essere stato svegliato dalle urla del giovane. Ragione che configura i futili motivi. L’altra aggravante, secondo i pm, è la minorata difesa in cui si è trovato in quei momenti il 19enne del Wisconsin. Il clochard si sarebbe scagliato contro un giovane ubriaco e pertanto non in grado di proteggersi. Tanto che una volta finito in acqua lo studente della John Cabot non è stato in condizione di nuotare e quindi di mettersi in salvo.
L’iter processuale è stato ricco di colpi di scena. Un passo indietro al 30 giugno del 2016. Il 19enne, da pochi giorni in Italia, scende sulla banchina del Tevere, a ponte Garibaldi, per cercare il portafogli che gli era stato rubato poco prima. Urla e sveglia i clochard del posto. E Galioto, per i pm, lo getta in acqua.
A incastrarlo la sua ex, Alessia Pennacchioli. Il clochard, arrestato con l’accusa di omicidio volontario, viene però scarcerato il 2 dicembre 2016 perché la testimonianza dell’ex compagna appare al gip «lacunosa e non sempre coerente». Peraltro, aggiunge il giudice, il video di una telecamera di sorveglianza scagiona Galioto: non è lui a gettare Beau nel Tevere. Arriva tuttavia il rinvio a giudizio: omicidio preterintenzionale. E nel processo la contestazione torna a essere di omicidio volontario, dopo che nell’interrogatorio Galioto ammette di aver minacciato Beau urlando: Vattene, sennò t’ammazzo». Grida, come sottolineato dalla procura, che il personale dei locali sull’altra sponda del Tevere ricorda ancora adesso con precisione.