Peter Hook: rivelo la rivoluzione rock di un piccolo club
Il bassista di Joy Division e New Order racconta glorie e misfatti di The Haçienda
Manchester, 1982. «Eravamo punk, vivevamo esclusi dalla vita sociale “normale”: malvisti nei bar, cacciati dal circoli. Non sapevamo dove incontrarci, ci restavano solo la musica e i concerti. Dunque, quello di cui avevamo seriamente bisogno era un club. Aperto a tutti, anche a noi. Così creammo The Haçienda, molto più di un club: un autentico rifugio».
A raccontarlo è Peter Hook, compositore, bassista e cofondatore di due band leggendarie come Joy Division — che in soli tre anni di attività, dal 1977 al 1980 (anno della morte del cantante Ian Curtis), pubblicò due pietre miliari del rock Unknown Pleasure e Closer — e New Order ,
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È assurdo che sia ancora vivo per poter raccontare questa storia. Le grandi cose si fanno per gli altri, per l’arte, non per soldi
che regalò al post punk i primi barlumi di dance ed elettronica. Nonché imprenditore visionario che, insieme a Tony Wilson e Rob Gretton (rispettivamente deus ex machina della Factory Records e manager di Joy Division e New Order), aprì e gestì il The Haçienda dal 1982 al 1997.
Di quell’esperienza Hook ha rivelato glorie e misfatti nel libro Haçienda: come non si gestisce un club (Luiss University Press) che oggi sarà presentato allo Spazio Diamante dall’autore in persona.
«Fu un’operazione culturale rivoluzionaria, all’epoca non ce rendevamo neanche conto — ricorda — L’idea ci venne in America, durante un tour dei New Order. Lì i club
erano dei veri centri di produzione culturale. Così decidemmo di regalare anche a Manchester il suo luogo libero, indipendente, aperto alla sperimentazione musicale. Fu straordinario, ma dal punto di vista economico fu un indiscutibile flop: avevamo assunto 75 dipendenti, molti amici... perfetti per prendersi una sbornia ma non per farci affari!». Così mentre il suo palco diventava sempre più ambito — da lì decollarono
«Essere ancora vivo e raccontarla! Molti dei miei compagni non ci sono più e il club è chiuso — conclude Hook — ma il patrimonio lasciato è ancora vibrante e The Haçienda è diventata una serata itinerante che fa rivivere quelle atmosfere. Sento il doverepiacere di celebrare tutto questo e ricordare che le grandi cose si fanno per gli altri, per l’arte ma non per soldi».