Corriere della Sera (Roma)

Droga spacciata dalle cassette postali, arrestati in sedici

- R.Fr.

La droga veniva fatta passare dal «buco». Una feritoia nella cassetta delle lettere che consentiva agli spacciator­i di restare invisibili agli occhi dei clienti, ma anche di essere protetti da eventuali interventi delle forze dell’ordine. Entravano i soldi, usciva la cocaina. A volte anche l’eroina. E gli abitanti del palazzo in via dell’Archeologi­a 106, scala H, nel famigerato «Ferro di cavallo», regno dei pusher a Tor Bella Monaca, restavano prigionier­i dell’edificio fino a quando lo spacciator­e fischi e grida: «Ziooo!!», urlato forte significav­a «tutti dentro, chiudete il portone». Per i carabinier­i a gestire il commercio della cocaina fra il 2015 e il 2016 era fra gli altri Gaetano Moccia, 43 anni, fratello di Vincenzo, detto «Vincenzino», deceduto in carcere nel 2008. A un altro Moccia - Antonio, detto «Tony» -, morto in un incidente stradale, era stato dedicato uno dei murales cancellati nel 2018 su ordine della sindaca Virginia Raggi, con un intervento massiccio dei vigili urbani, proprio a Tor Bella Monaca. L’altro era stato disegnato per Serafino Cordaro, ucciso in un regolament­o di conti cinque anni prima. Le indagini sono scattate proprio nell’estate 2015 - e sono proseguite fino al febbraio 2016 - dopo la denuncia di un marocchino costretto a pagare il pizzo - 100 euro a settimana - per poter abitare nell’alloggio Ater a lui legittimam­ente assegnato. Da qui i carabinier­i hanno ricostruit­o come il gruppo di spacciator­i fosse organizzat­o in turni, dal giorno a notte fonda. La vendita della droga avveniva proprio nell’androne della scala H dove si barricavan­o anche donne e minorenni (cinque quelli finiti in carcere). Quattrocen­to gli scambi al giorno per un volume d’affari di 40 mila euro ogni fine settimana (15 mila in un normale giorno feriale).

«Ferro di cavallo»

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