I «cacciatori» di nazisti agli studenti: «Così li abbiamo smascherati»
Una vita spesa per difendere i diritti civili, la giustizia e la verità: non da semplici testimoni, ma in prima linea contro l’oblio e la manipolazione propagandistica della storia. Nel corso dell’incontro tenutosi ieri a Palazzo Chigi, alla presenza della ministra della Famiglia, Elena Bonetti, Serge e Beate Klarsfeld hanno raccontato agli studenti la loro battaglia per smascherare i nazisti rimasti impuniti nonostante le atrocità commesse, mantenendo sempre «un profilo di umanità e civiltà».
Serge, 84 anni, ebreo romeno trasferitosi in Costa Azzurra con la famiglia, ha vissuto il dramma dell’antisemitismo: il padre è stato deportato ad Auschwitz senza più fare ritorno. Sopravvissuto al rastrellamento - è rimasto per giorni nascosto in un armadio - si è poi rifugiato a Parigi, dove ha conosciuto la futura moglie, sposata nel ‘63. Di origini berlinesi, Beate è nota per aver schiaffeggiato nel ‘68 l’allora cancelliere della Germania Ovest, Kurt Kiesenger: un gesto plateale, per protestare contro la presenza di ex nazisti nel Bundestag. In Bolivia si è incatenata per una settimana davanti al Parlamento, per ottenere l’estradizione del «boia di Lione», Klaus Barbie, ex comandante della Gestapo, tra i mandanti della strage di Issieu, dove in un collegio furono uccisi 600 bambini ebrei. Per sua mano morì anche Jean Moulin, capo della Resistenza francese, torturato e ucciso. A colloquio con gli studenti - l’incontro è stato organizzato dalla Fondazione Museo della Shoah di Roma - la coppia ha ricostruito la vita di un gruppo di cattolici tedeschi, ribattezzati «La rosa bianca», catturati e decapitati per essersi opposti alla dittatura hitleriana. «Cosa possiamo fare? A seconda delle epoche cambiano i modi, ma c’è sempre qualcosa che si può fare ha ricordato Beate -. Voi giovani avete la facoltà di scegliere, una volta individuati gli estremismi, le manifestazioni di intolleranza e xenofobia, dovete fermarli. Così come si sta portando avanti la battaglia per il clima anche grazie a Greta Thunberg, non bisogna smettere di lottare per i diritti civili».