Malosti rilegge «Se questo è un uomo» di Levi
Da martedì all’Argentina «Se questo è un uomo»
Se questo è un uomo: il testimone dell’orrore si racconta. In occasione del centenario della nascita di Primo Levi, Valter Malosti porta per la prima volta in scena il celebre romanzo, di cui è protagonista e regista. Una «condensazione scenica» viene definita la trasposizione drammaturgica dell’opera, firmata dallo stesso Malosti con Domenico Scarpa.
Il risultato è un monologo forte, diretto, duro. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Torino e dal Teatro di Roma, è in scena all’Argentina da martedì al 17 novembre. «Il testimone-protagonista, un uomo con la valigia, prende il sopravvento sullo scrittore — esordisce Malosti, direttore dello Stabile torinese — È molto difficile ridurre un romanzo molto complesso come questo, perché ha tanti registri. Abbiamo usato il termine “condensazione” in omaggio alla professione di Levi,
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Il testo di Levi è un grande poema che, attraverso le parole, ci riconsegna un contenuto molto dettagliato di quanto è realmente accaduto
che era un chimico». Solo in palcoscenico, ma non completamente solo: la scena firmata da Margherita Palli, infatti, è un cortocircuito visivo tra la memoria del lager, da dove emergono anche altre figure, e del ritorno a casa.
«Un’installazione di arte visiva con un forte impatto sonoro curato da Gup Alcaro — spiega l’attore-regista — in cui non c’è un immediato riferimento al lager, bensì una rivisitazione in forma poetica. D’altro canto Se questo è un uomo è un grande poema che, attraverso le parole, ci riconsegna un contenuto molto dettagliato di quanto è realmente accaduto. Per rendere più vicino il testo agli spettatori, anche se in realtà non ce n’è bisogno, è importante far comprendere come sia connessa la dimensione quotidiana con la vita nel campo di concentramento. Il romanzo contiene diversi punti di osservazione: si racconta in presa diretta la permanenza nel lager, ma anche di quando era studente e poi della sua liberazione. E la domanda che ricorre è: cosa avreste fatto voi se vi fosse capitato quello che è capitato a me? Perché quella che ha vissuto lo scrittore sembra un’esperienza destinata a pochi, invece potrebbe capitare a chiunque».
Tra i tanti personaggi che Levi incontra durante la prigionia, quali quelli più toccanti? «Tantissimi, una moltitudine di voci... Tra i tanti, la figura di un internato, un uomo più grande di Levi, all’epoca giovanissimo, che lo incita a lavarsi, cioè a mantenere la dignità di sé stesso, perché in un luogo infame come quello, non si annienta soltanto l’individuo come prigioniero, lo si annulla totalmente nella sua umanità: non a caso, la prima cosa che veniva loro tolta era il nome, che diventava un numero. Quindi quel signore più adulto, lo invita a lavarsi per reagire a tale annientamento... è una lotta per la sopravvivenza. E poi mi viene in mente la figura di un operaio, che si chiamava Lorenzo, e che tutti i giorni, per sei mesi, regalava parte del suo cibo al suo compagno Primo. Nel romanzo viene ricordato come esempio di bontà e purezza: quello di Lorenzo era un gesto di solidarietà non solo materiale, ma spirituale. Levi, poi, dette il nome di Lorenzo a suo figlio» (info: 06.684000311).