Bryce Dessner oltre il rock senza The National
Il chitarrista della indie band The National in concerto con le sorelle Labèque e il polistrumentista David Chalmin
Per il grande popolo del rock Bryce Dessner è l’ipnotico chitarrista dei The National, band di culto in quella scena indie che rivendica origini punk e non disdegna di affondare le sue melodie nel folk. Ma per le orecchie degli intenditori di musica classica è anche uno dei più sofisticati compositori della sua generazione, con un catalogo di opere in continua espansione, commissionato da importanti ensemble come la Los Angeles Philharmonic, la New York Philharmonic e il Kronos Quartet.
Ed è proprio in questa veste di artista da concert hall, con il suo Minimalist Dream House Quartet (composto insieme a David Chalmin e le fenomenali pianiste Katia e Marielle Labèque) che torna a Roma nell’ambito del Romaeuropa Festival per il concerto in prima nazionale intitolato «Don’t fear the light», ospitato domenica all’Auditorium e corealizzato con Musica per Roma e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
«Sono sempre lo stesso musicista, per me non c’è differenza tra attività classica e rock — precisa Dessner — Ascolto indistintamente Bach, Philippe Glass e i Sonic Youth. Lavoro con i National e allo stesso tempo incido per la Deutsche Grammophon (una vera istituzione nella produzione di dischi di musica classica, ndr). Quello che indiscutibilmente cambia, semmai, sono le condizioni di fruizione. Il silenzio e l’attenzione che si raggiungono nelle sale da concerto sono un elemento prezioso per la musica. Creano un contatto profondo tra pubblico e musicista, incoraggiano l’esplorazione sonora e l’abbattimento delle barriere tra generi».
❞ Sono sempre lo stesso musicista, per me non c’è nessuna differenza tra classica e rock. Ascolto Bach, Philip Glass e i Sonic Youth
Dunque l’aggettivo «minimalist» che dà il nome al quartetto? «Non è assolutamente la definizione di un confine — risponde — piuttosto riflette l’ispirazione iniziale del gruppo, nato nel 2011 con l’intenzione di mettere insieme un repertorio che portasse in evidenza l’enorme influenza che la musica minimalista ha avuto anche su altri generi, dal rock all’elettronica». Su questa scia è costruita la scaletta del live romano, in cui sono previste musiche di giganti «minimal» come Steve Reich e Philip Glass, ma anche le prime esecuzioni italiane di Out of Shape del trentenne Timo Andres, e di Don’t
fear the light, opera che segna il debutto di Thom Yorke (leader dei Radiohead) come compositore «colto». Poi brani di Chalmin e dello stessoDessner, tra cui la prima mondiale della nuova versione di El Chan.
«L’ho scritta per Katia e Marielle dopo una visita al regista Alejandro Gonzalez Iñárritu (per il quale ho composto parte della colonna sonora del film The Revenant) nella sua casa in Messico — racconta — Lì ho scoperto la bellezza mozzafiato di un canyon chiamato El Chan, che i nativi credono abbia poteri magici. In questa esibizione al Romaeuropa festival ho voluto aggiungere due chitarre elettriche per esprimere in maniera più intensa la natura di questo posto: mistico, paradisiaco e pericoloso allo stesso tempo. La vita è la mia ispirazione, i posti che visito, i quadri che ammiro, i libri di Hemingway e Kerouac. Tutto. La mia musica è un’estensione di me».
❞ Durante una visita al regista Iñárritu, in Messico, ho scoperto la bellezza del canyon El Chan, che i nativi credono abbia poteri magici. Così ho scritto il mio brano
All’Auditorium Brani di Steve Reich e Philip Glass, ma anche «Don’t fear the light» di Thom Yorke