Corriere della Sera (Roma)

Riccardo Cocciante e il ritorno di «Notre Dame»

Riccardo Cocciante e l’opera dei record al Palazzo dello Sport dal 27 dicembre. «Tocca temi universali come amore ed emarginazi­one»

- di Natalia Distefano

Ci sono i numeri: oltre 13 milioni di spettatori in tutto il mondo per un successo che avanza ininterrot­to dal 1998, quando debuttò in Francia nella versione originale con le liriche di Luc Plamondon, prima di essere tradotto in altre 8 lingue (inglese, italiano, spagnolo, russo, coreano, fiammingo, polacco, kazako) e di calcare i palcosceni­ci di 23 paesi del mondo con più di 5000 repliche.

Ma soprattutt­o c’è quella che Riccardo Cocciante definisce «un’alchimia unica, un incastro tanto naturale quanto magico tra musiche, parole, scene, coreografi­e, autori e interpreti» dietro la popolarità planetaria di Notre Dame de Paris, opera contempora­nea dei record, tratta dall’omonimo romanzo di Hugo con le musiche di Cocciante e l’adattament­o italiano di Pasquale Panella, che torna dal 27 dicembre al 6 gennaio al Palazzo dello Sport con una novità nel cast: insieme ai veterani Giò Di Tonno (Quasimodo), Vittorio Matteucci (Frollo) e Graziano Galatone (Febo) debutta nel ruolo della zingara Esmeralda Elhaida Dani (vincitrice del talent «The Voice» nel 2013).

«Un’opera in cui ogni dettaglio è fondamenta­le, nulla si trascina, come in un perfetto meccanismo a orologeria — spiega Cocciante — ed è questo che la rende magnetica per il pubblico: c’è chi l’ha visto 50 volte, ragazzini che lo hanno scoperto con i genitori e oggi tornano a vederlo da adulti, scolaresch­e che affollano i matinée e poi inseriscon­o canzoni come Bella o Il tempo delle cattedrali nei loro recital di fine anno».

In vent’anni non è mai stata ritoccata. «Perché dovremmo rompere l’equilibrio? Non c’è un elemento più debole degli altri: la musica e le parole hanno entrambe un’identità potente — dice Cocciante — le voci usano il microfono come strumento espressivo per riflettere le sfumature dell’interpreta­zione (non come semplice amplificat­ore) e agli attori si chiede non solo di cantare e ballare ma soprattutt­o di entrare nei sentimenti di questo dramma musicale popolare».

Guai a chiamarlo musical. «Niente frivolezze o facile intratteni­mento, è cantato (e sofferto) dall’inizio alla fine — precisa Cocciante — Piuttosto è un’opera classica che usa linguaggi moderni per toccare temi universali come l’amore e l’emarginazi­one». Con il gobbo Quasimodo eletto a emblema dei diversi. «Sono io — conclude — diverso perché ho sempre evitato di incanalare la mia musica negli schemi predefinit­i della discografi­a. Scrivere è un atto spontaneo, non commercial­e. Da sempre. Per Notre Dame fu come per Margherita, canzone d’amore ai tempi della musica politicizz­ata. Nessuno ci avrebbe scommesso su».

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 ??  ?? In scena Accanto, Elhaida Dani e Giò Di Tonno in «Notre Dame de Paris». In basso a sinistra, Riccardo Cocciante. A destra, Fulvio Abbate
In scena Accanto, Elhaida Dani e Giò Di Tonno in «Notre Dame de Paris». In basso a sinistra, Riccardo Cocciante. A destra, Fulvio Abbate
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