NEW DEAL E BISOGNO DI EMPATIA
Aiutata dalla nefasta influenza dei social media, la Roma pallottiana ha diviso la piazza in detrattori (in estrema sintesi: zeru tituli) e sostenitori (è stato costruito un club che ha aumentato il suo valore). Come capita spesso in Italia e sempre nel calcio è impossibile convincere la parte «avversa» della bontà del proprio ragionamento. Quello che è sotto gli occhi di tutti, però, è lo scollamento tra società e tifoseria, il punto da cui Dan Friedkin dovrà ripartire per un «new deal» giallorosso che abbia come fine ultimo la vittoria sul campo e il senso di appartenenza fuori dal campo. I dati degli spettatori medi di questa prima parte della stagione sono impietosi. È vero, la Roma, in 8 gare casalinghe, è al quarto posto, dietro Inter (63.697), Milan (53.917) e Juventus (39.692, frutto della scelta di avere uno stadio piccolo ma sempre pieno). Lo scarto con la Lazio (35.688) è però minimo, anche se i tifosi romanisti rinfacciano da sempre a quelli biancocelesti di essere una minoranza. Lo stesso può dirsi nel confronto con la Fiorentina (35.069), che ha un bacino di utenza molto più piccolo e che sta vivendo una profonda crisi di risultati. I tifosi viola sono stati portati allo stadio soprattutto dal passaggio di proprietà, dai Della Valle a Commisso. Un’apertura di credito che spera di avere anche Dan Friedkin, che non è uno sceicco e non ha alle spalle un impero alla Suning, ma può partire con il piede giusto, ridando ai romanisti ciò che è mancato con Pallotta: l’empatia.