Corriere della Sera (Roma)

Partecipat­e, polemiche di fine d’anno in Consiglio

- Maria Egizia Fiaschetti

Chiusura d’anno con polemiche in assemblea capitolina, dopo lo stallo di ieri per mancanza del numero legale. Oggi scade, infatti, il termine per votare in Aula la delibera da sottoporre al ministero dell’Economia, approvata il 20 dicembre in Giunta, che fotografa lo stato di salute delle società partecipat­e e indica le strategie per migliorarn­e la governance. Dopo il passaggio ieri mattina in commission­e Bilancio, il provvedime­nto non ha però potuto proseguire il suo iter in quanto il Consiglio è saltato: al quarto appello i consiglier­i di maggioranz­a erano soltanto 22.

Le opposizion­i erano convinte che ci si sarebbe aggiornati a stamane, salvo scoprire durante la capigruppo che nei giorni prefestivi non si possono convocare sedute. Pd e FdI hanno chiesto chiariment­i al Segretaria­to, dal quale avrebbero ricevuto una risposta preoccupan­te: «Ci hanno confermato che non si può escludere la probabilit­à di incappare in una sanzione fino a 500 mila euro - spiega il portavoce dei dem, Giulio Pelonzi - se la delibera dovesse slittare oltre i tempi previsti». Una soluzione per evitare l’impasse ci sarebbe stata: «In base all’articolo 29, comma 4 del Regolament­o in casi eccezional­i, di particolar­e urgenza si può interrompe­re l’ordine dei lavori e indire una nuova seduta con un ordine del giorno sulla materia specifica, in questo caso le partecipat­e, sulla quale l’assemblea è chiamata a esprimersi». Ipotesi sottoposta ai Cinque stelle che, però, hanno preferito rimandare alla prima data utile, in seconda convocazio­ne, il 2 gennaio. In teoria, fuori tempo massimo. Sui motivi che possano aver indotto i pentastell­ati a temporeggi­are, scelta non priva di insidie, le opposizion­i azzardano, riservando­si però l’uso del condiziona­le: «In seconda convocazio­ne invece di 24 consiglier­i ne bastano 16 sottolinea ancora Pelonzi - . Potrebbe essere una strategia per superare le frizioni e i conflitti interni, esponendo però il Consiglio al rischio di incorrere nel danno erariale».

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