L’avvocata di Diabolik ai domiciliari: «Reati? No, favori»
Lucia Gargano interrogata per oltre due ore. Il gip: «Spregiudicata e disponibile a delinquere ancora»
Secondo il gip che l’ha mandata ai domiciliari venerdì scorso, l’avvocata Lucia Gargano — anello decisivo nella catena di comunicazione tra Fabrizio Piscitelli «Diabolik» e la controparte della famiglia Spada per sancire una pax mafiosa a Ostia — potrebbe delinquere ancora, «tenuto conto della spregiudicatezza dimostrata in occasione della riunione tra esponenti di vertice dei sodalizi criminosi, e avendo dimostrato inoltre la propria disponibilità nei confronti di oggetti detenuti, esaudendo diverse richieste illecite ed esulanti il mandato professionale». Da queste accuse la 35enne originaria di Avellino ha provato a difendersi ieri nel suo interrogatorio di garanzia.
Due ore e mezza di confronto alle quali, oltre al giudice per le indagini preliminari, Corrado Cappiello, hanno partecipato i pm titolari del fascicolo, Giovanni Musarò, Ilaria Calò e Mario Palazzi. Parte delle loro precedenti inchieste all’interno della Dda sono confluite in questa ordinanza, in cui — assassinato Diabolik l’estate scorsa e già detenuto Salvatore Casamonica, l’altro garante dell’accordo tra gli Spada e i rivali Esposito — è l’avvocata ad offrire gli spunti più interessanti per rileggere e in parte riscrivere la storia criminale di Roma degli ultimi anni: tante organizzazioni di media grandezza dedite allo spaccio in concorrenza tra loro, ma pronte ad accordarsi per non dover arrivare a una guerra che avrebbe danneggiato tutti. In questo contesto, l’avvocata Gargano, difesa dal collega Alessandro De Federicis, avrebbe avuto un ruolo attivo nel consegnare lettere, intessere trattative, presenziare ad incontri: «Sono andata al ristorante di Grottaferrata nel dicembre 2017 in maniera casuale — si è difesa lei —. Avevo appuntamento con Fabrizio Piscitelli e sua moglie a casa loro, ma lui non c’era perché era a pranzo con altre persone e per questo l’ho raggiunto al ristorante». Quanto al messaggio recapitato su indicazione di Piscitelli: «Ad Ottavio Spada, che non era neanche mio cliente, non ho portato alcun messaggio. Non l’ho incontrato il giorno dopo la riunione a Grottaferrata, ma 8 giorni dopo», ha aggiunto. E riguardo al telefono fornito a un detenuto per comunicare con gli albanesi alleati di Diabolik, la Gargano ha minimizzato: «Era in una struttura di solidarietà e non aveva il divieto di comunicare. Gli ho solo fatto un favore».
Ma era sempre lei che, fiutata la possibilità di restare coinvolta, chiedeva: «Secondo te mi arrestano? Di sicuro mi indagano...».
Il ruolo Avrebbe avuto una parte attiva nel consegnare lettere, intessere trattative e presenziare a incontri