UN MARE DAVVERO DI TUTTI
Finalmente una buona notizia. Qualcosa si sta muovendo per mettere fine alla vergogna del mare in gabbia di Ostia, dove anche la vista del mare è oggi preclusa da un muro di cemento innalzato da gestori di stabilimenti e strutture balneari. In totale spregio del principio che il mare e le spiagge sono beni demaniali che devono, quindi, essere finalizzati al godimento pubblico e non al profitto di pochi. Tanto che anche le costruzioni sul demanio si considerano acquisite al patrimonio pubblico. Principi bellamente ignorati come dimostrò già più di 30 anni fa una indagine della Pretura che sequestrò quasi tutti gli stabilimenti balneari di Ostia perché o non avevano una concessione valida o, se la avevano, era illegittima. Il vero problema è che, a Ostia, per decenni le istituzioni hanno tollerato, se non favorito, questa illegale privatizzazione, spesso utilizzando la curiosa teoria che, in caso contrario, le spiagge sarebbero inutilizzabili; come se non fosse loro compito mantenerle utilizzabili e, ove necessario, concedere l’offerta di servizi (sdraie, ombrelloni ecc.) e non di spazi «esclusivi» ai privati. Si è arrivati al punto che quando, dopo le prime inchieste e le prime proteste dei cittadini, si arrivò a decretare che l’accesso al mare è libero, si appose la clausola che questa «libertà» riguardava solo la fascia dei cinque metri dalla battigia, addirittura con divieto di sosta per un povero bagnante.
Un povero bagnante che, se stendeva un asciugamano, veniva aspramente redarguito dai dipendenti degli stabilimenti limitrofi alla fascia. Una prima inversione di tendenza si avvertiva nel 2015 quando la regione Lazio varava una legge sul demanio marittimo che iniziava a parlare di limiti e di spiagge libere. Cui seguiva a ruota, nel 2016, una sentenza della Corte europea di giustizia la quale condannava l’Italia perché, in sostanza, prorogava automaticamente le concessioni balneari senza una gara pubblica che consenta a tutti gli operatori economici di inserirsi nei mercato. Oggi sembra che siamo arrivati alla stretta finale. Non sarà facile. Anche perché bisogna tener conto che una situazione incancrenita come quella di Ostia è imputabile soprattutto a chi ha consentito che si arrivasse a questo punto e che un nuovo piano non può ignorare possibili problemi occupazionali né i danni provocati dalla continua erosione del litorale. Purché sia chiaro che anche a Ostia il mare deve essere di tutti.