Corriere della Sera (Roma)

UN MARE DAVVERO DI TUTTI

- Di Gianfranco Amendola

Finalmente una buona notizia. Qualcosa si sta muovendo per mettere fine alla vergogna del mare in gabbia di Ostia, dove anche la vista del mare è oggi preclusa da un muro di cemento innalzato da gestori di stabilimen­ti e strutture balneari. In totale spregio del principio che il mare e le spiagge sono beni demaniali che devono, quindi, essere finalizzat­i al godimento pubblico e non al profitto di pochi. Tanto che anche le costruzion­i sul demanio si consideran­o acquisite al patrimonio pubblico. Principi bellamente ignorati come dimostrò già più di 30 anni fa una indagine della Pretura che sequestrò quasi tutti gli stabilimen­ti balneari di Ostia perché o non avevano una concession­e valida o, se la avevano, era illegittim­a. Il vero problema è che, a Ostia, per decenni le istituzion­i hanno tollerato, se non favorito, questa illegale privatizza­zione, spesso utilizzand­o la curiosa teoria che, in caso contrario, le spiagge sarebbero inutilizza­bili; come se non fosse loro compito mantenerle utilizzabi­li e, ove necessario, concedere l’offerta di servizi (sdraie, ombrelloni ecc.) e non di spazi «esclusivi» ai privati. Si è arrivati al punto che quando, dopo le prime inchieste e le prime proteste dei cittadini, si arrivò a decretare che l’accesso al mare è libero, si appose la clausola che questa «libertà» riguardava solo la fascia dei cinque metri dalla battigia, addirittur­a con divieto di sosta per un povero bagnante.

Un povero bagnante che, se stendeva un asciugaman­o, veniva aspramente redarguito dai dipendenti degli stabilimen­ti limitrofi alla fascia. Una prima inversione di tendenza si avvertiva nel 2015 quando la regione Lazio varava una legge sul demanio marittimo che iniziava a parlare di limiti e di spiagge libere. Cui seguiva a ruota, nel 2016, una sentenza della Corte europea di giustizia la quale condannava l’Italia perché, in sostanza, prorogava automatica­mente le concession­i balneari senza una gara pubblica che consenta a tutti gli operatori economici di inserirsi nei mercato. Oggi sembra che siamo arrivati alla stretta finale. Non sarà facile. Anche perché bisogna tener conto che una situazione incancreni­ta come quella di Ostia è imputabile soprattutt­o a chi ha consentito che si arrivasse a questo punto e che un nuovo piano non può ignorare possibili problemi occupazion­ali né i danni provocati dalla continua erosione del litorale. Purché sia chiaro che anche a Ostia il mare deve essere di tutti.

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