Estate ‘70, il marchese Casati Stampa uccide moglie e amante. «L’amore rovinò tutto»
CHE FINE HANNO FATTO
Signora Patrizia, lei c’era.
«Dove?»
Nelle terrazze della Roma vip, in quell’estate 1970, dove, tra un drink e uno stuzzichino, si commentava l’orrendo raptus omicida di Camillo Casati Stampa. Orge comprese. Giovani nerboruti che si univano carnalmente alla bellissima moglie del marchese, con il suo consenso.
«No, si sbaglia».
Nel senso?
«Ero fuori Roma. La notizia mi raggiunse a bordo piscina dell’Hôtel de Paris di Montecarlo, dov’ero in villeggiatura con Peppino... Certo, le vittime di questa storiaccia le frequentavo. Poverini. Che fine tremenda. Camillo e Anna mi avevano anche ospitata in villa a Zannone, dopo una gita in barca con Vittorio Marzotto, che mi faceva una corte spietata...»
Eccola, una testimone d’eccezione del fattaccio più torbido e chiacchierato del secondo dopoguerra. La contessa Patrizia De Blanck, con la sua incontenibile verve, non sembrerebbe la persona adatta a raccontare una storia sanguinaria come la strage di via Puccini 9, vicino via Veneto. Ma invece sì. Perché lei, in quell’intreccio di relazioni, c’era. L’anno seguente, nel 1971, sposò Peppino Drommi, console di Panama nonché padre di sua figlia, Giada. E proprio Peppino, guarda un po’, era stato il primo marito di Anna Fallarino in Casati Stampa. Patrizia s’era accaparrata («con gran soddisfazione») l’uomo scaricato dalla marchesa, insomma. E il giorno della tragedia fu con un altro suo spasimante, il conte Marzotto, che Camillino, come lo chiamavano gli amici, andò a caccia. L’ex valletta di Mario Riva ne Il musichiere, regina del gossip e delle trasgressioni, i retroscena dell’affaire Casati Stampa li conosce quindi benissimo.
Signora De Blanck, macchina indietro di mezzo secolo. Ricorda?
«E come non potrei? Tempi fantastici. Sono la sola, dopo che se ne è andata Marina (Ripa di Meana, ndr), a poter raccontare dal vivo un’epoca che non c’è più. Anna e Camillo erano bizzarri, come lo siamo tanti, nel nostro mondo, ma mai avrei immaginato un rapporto tanto morboso».
Se lo dice lei, che di alcove nobiliari se ne intende...
«Guardi, io ho anticipato la liberazione sessuale delle donne di 15 anni, rispetto al ’68. Ho sempre avuto due amanti, non mi sono negata nulla. E qui mi torna alla mente Franco Califano, bello, dannato e stratosferico a letto! O Alberto Sordi, con cui ho avuto una relazione bollente, di cui parla un libro in uscita. Ma sempre uno nel letto per volta, sia chiaro…»
Breve riepilogo. Estate 1970. Quella dei Mondiali a Città del Messico (Italia-Germania 4 a 3). Il marchese Casati Stampa, 43 anni, rientra scuro in volto nell’attico con vista su Villa Borghese che divide con la conturbante Anna, di due anni più giovane, conosciuta a Cannes nel ‘58 e sposata a tempo di record. Intima ai domestici di ritirarsi. Imbraccia un fucile Browning calibro 12. Entra in salotto, dove la moglie è con Massimo Minorenti, studente venticinquenne di Scienze politiche, frequentatore di night e collezionista di bellezze annoiate, che da mesi è lui stesso a retribuire perché si congiunga con sua moglie. Sesso coniugale per interposta persona: già nel viaggio di nozze, Camillino aveva chiesto a un allibito cameriere d’hotel di spogliarsi ed entrare nella doccia dove Anna si stava rilassando. Il marchese sceglieva uomini del popolo, bagnini, militari, e godeva nell’assistere agli amplessi con la consorte. Con Minorenti però era successo l’imprevisto. Dama e toy boy, come allora ancora non si usava dire, s’erano innamorati. «Che schifo, che piccineria… Quel che mi ha fatto Anna è da voltastomaco», trovò scritto la polizia nel famoso diario di stoffa verde.
Dunque lui, Camillino, il 30 agosto è fuori di sé. Ha telefonato dalla tenuta Marzotto e a rispondere è stato il giovanotto. No, non erano questi i patti. Doveva possederla, sua moglie, non prenderle il cuore.
Camillino fa fuoco. Sei fucilate. Tre contro Anna, trovata seduta sul divano con le mani in grembo e uno squarcio sul petto. Due al ragazzo, che cerca di ripararsi dietro un tavolino. Una a lui stesso, in una lucida azione suicida, la canna sotto la gola. Colpo ben mirato. Morto all’istante. Stampa impazzita. Caccia alle 1.500 foto osé. Frasi del diario rilanciate a titoli di scatola dai rotocalchi («Oggi Anna è stata meravigliosa, ha fatto l’amore con un soldatino in modo così efficace… Mi è costato 30 mila lire e ne è valsa la pena»). L’Italia repressa e voyeuristica, non ancora liberata dal femminismo, leggendo le gesta dei marchesi iniziò a far saltare il tappo.
Movente Camillo pagava giovani per fare sesso con Anna, ma poi scattò la gelosia
Stile «Anna era una parvenue, non sapeva neanche disporre le posate a tavola»
Contessa, ma lei quando si fidanzò con Peppino Drommi non gli chiese che tipo era la Fallarino?
«Iniziai a uscire con lui dopo che persi il mio fidanzato, Farouk Chourbagi, ucciso nel delitto della Dolce vita. Avevo altro per la testa, ma col tempo Peppino mi spiegò tutto. Anna era una parvenue, era stato lui a introdurla in società, a insegnarle persino come si mettono le posate a tavola...»
La marchesa imparò in fretta.
«Sì, era sveglia. Peppino non fu traumatizzato dalla rottura, anzi, “finalmente quella rompiscatole si è tolta di mezzo”, diceva. Per lei, tra l’altro, aveva rinunciato a una stupenda indossatrice. Ma restò colpito da come fu lasciato. Anna si presentò a colazione e gli chiese: “Una cosa importante te la dico prima o dopo?” Lui posò la tazzina. E lei gli comunicò che andava a vivere da Camillo».
Il quale doveva liberarsi di sua moglie, la bellissima ballerina Lydia Holt.
«Non fu un problema, gli bastò versarle un miliardino di lire di buonuscita. Camillo offrì anche a Peppino dei soldi, ma lui non accettò».
Arriviamo al 30 agosto 1970. Perché tanto furore?
«Perché non furono semplici corna. Anna era stata traviata, ma ci mise del suo. Lo dico senza giudicare, con grande pietà. Però si prestò. Perché le piaceva, non c’è altra spiegazione. Non ti sacrifichi a tali livelli, concedendoti in spiaggia al primo maschio che passa, solo per far contento tuo marito. E ciò alla lunga ha provocato il cortocircuito, fatto esplodere la gelosia assassina…»
Colpa dell’amore.
«Ah sì, il sentimento non lo puoi controllare. E per i Casati Stampa è stato un male! Quando Anna si è innamorata la faccenda ha preso un’altra piega. Se si fosse limitata a fare sesso magari sarebbe ancora viva, un’arzilla novantenne».
Minorenti invece…
«Ma quale amore! Lui da quanto mi hanno riferito era un marchettone, era stato con una soubrette, che chiamavano Venere nera, e in generale andava doveva c’erano i soldi. Certo, brutta fine, poveraccio. È stato sfortunato. Perché le partouze si sono sempre fatte, non mi stupiscono. Ma lui si infilò in una coppia malata».
Le partouze sono normali, signora?
«I giochi erotici a quattro, i mariti che guardano le mogli? Secondo lei sono un’eccezione? Suvvia... Sa quante volte ce l’hanno proposto a me e Peppino? Helmut Berger, l’attore tedesco, s’era fissato, voleva a tutti i costi entrare nel nostro letto. Ma io mai. Ripeto: tanti sì, ma uno alla volta».
Califano, Sordi, Warren Beatty, Yves Montand…
«Mica solo personaggi noti, stia a sentire! Vuol sapere chi mi regalava ogni giorno splendide composizioni floreali?»
Sono tutt’orecchi, signora.
«Un elettrauto. Aveva l’officina ai Parioli. Si chiamava Marcello».