Cinema America, il pm: neofascisti a processo
In cinque sono accusati di avere picchiato due simpatizzanti di sinistra a Trastevere
«L’apparente appartenenza della vittima (per la maglietta indossata) a un contesto sociale e politico di ideologia opposta». Basta davvero poco a Roma per finire in ospedale con le ossa rotte. Una futilità nelle motivazioni del pestaggio a danno di due simpatizzanti del cinema America che costituisce un’aggravante a carico dei cinque neofascisti per i quali il pm Eugenio Albamonte ha chiesto il processo. Il 23 giugno gli imputati Riccardo Amenta (28 anni), Francesco Barchielli (24), Matteo Vargiu (24), Marco Ciurleo (24) e Stefano Borghese (39) — questi ultimi tre, sono detenuti ai domiciliari — compariranno davanti al gup per la prima udienza preliminare. Sono tutti accusati di lesioni e violenza in concorso, aggravate anche dall’aver agito in gruppo, in luogo pubblico, usando un’arma (una bottiglia come oggetto contundente) ed in condizioni da ostacolare la difesa (colpendo al buio in un agguato).
Il 16 giugno scorso nei vicoli di Trastevere si lanciarono in nove contro due. Le vittime, David Habib e Valerio Colantoni, indossavano una maglietta del cinema America dopo una proiezione in piazza San Cosimato e quella scritta venne ritenuta dai picchiatori, vicini a Casapound e a Blocco studentesco, un simbolo antifascista. In particolare, come ricostruito dalle indagini della Digos, mentre Borgese incitava all’aggressione, Ciurleo colpì Habib con una testata, rompendogli le ossa nasali e Vargiu sferrò una bottigliata sul sopracciglio sinistro a Colantoni. Anche Barchielli e Amenta impugnavano una bottiglia «indirizzandole contro le vittime e assumendo un contegno tale da palesare una chiara adesione alla condotta delittuosa». Un altro oggetto in metallo usato dagli aggressori non è stato ritrovato.
Vargiu, Ciurleo e Borgese vennero arrestati ad ottobre. Il gip Clementina Forleo ne convalidò l’arresto sottolineando «il rischio di reiterazione di fatti analoghi ai danni di chiunque sia inquadrabile, anche in astratto, come portatore di idee politiche differenti». I tre, scrisse ancora il gip, «sono stabilmente radicati in contesti della destra radicale connotati dall’estrinsecazione di tale ideologia in condotte violente» e per questo «la vicenda deve considerarsi di particolare allarme sociale». Amenta e Barchielli vennero indagati a piede libero a novembre, degli altri quattro aggressori non è stato invece possibile appurare l’identità. Ma anche di questo verrà chiesto conto agli imputati.