A messa il segno della pace ora è un inchino
Regole di igiene nelle chiese. Contagiato prete parigino, chiuse San Luigi dei Francesi e Sant’Ivo dei Bretoni
Ricovero Il sacerdote è risultato positivo lo scorso venerdì
«Per misure precauzionali» e «fino a nuovo ordine»: ha chiuso per il coronavirus San Luigi dei Francesi. Porte sbarrate nella chiesa contigua al Senato: la decisione è stata presa dall’ambasciata di Francia a Roma. E si tratta della prima disposizione del genere nella capitale, dovuta al fatto che un sacerdote di 43 anni della diocesi di Parigi è in ospedale in Francia affetto da coronavirus. La Asl Roma 1 cerca le persone con cui è venuto in contatto, mentre cosa è accaduto lo spiega un comunicato diffuso dall’arcidiocesi di Parigi e dall’arcivescovo Michel Aupetit: il prete, «tornato a metà febbraio dall’Italia dove risiedeva», attraversando in macchina il nord Italia, «è risultato positivo al Covid-19 venerdì 28 febbraio. È stato ricoverato in ospedale e il suo stato di salute è rassicurante». Così in questa chiesa del centro, famosissima per ospitare tre capolavori di Caravaggio, non si possono ascoltare funzioni, né fare visite turistiche. E da ieri chiusa a tempo indeterminato anche in un’altra chiesa francese, Sant’Ivo dei Bretoni, in Campo Marzio.
A Fiumicino, dopo i tre casi di coronavirus registrati,
chiese aperte ma grande attenzione. «Registriamo una forte diminuzione di presenze alle messe in queste ore ammette padre Giuseppe Tristaino, che guida la chiesa Santa Maria Madre della Divina Provvidenza all’ingresso del centro abitato -. Tentiamo di rassicurare i parrocchiani, sono preoccupati ma non allarmati». C’è apprensione infatti
nella città dove viveva la giovane mamma positiva al Covid-19 come il marito e la figlia di dieci anni, tutti e tre ricoverati allo Spallanzani: la diocesi ha anche inviato ai parroci le misure anti-contagio per tutelare i fedeli. Acquasantiere vuote per precauzione nella parrocchia Stella Maris, «bonifiche frequenti e un inchino al posto dello scambio del segno di pace»: questi i provvedimenti adottati da padre Bernard, che invita tutti a «non avere paura e a continuare a sentirsi una comunità». Pure a Santa Maria Frassinetti, la chiesa di Fiumicino frequentata a volte dalla famiglia malata (ma per fortuna in buone condizioni), si evita di tenersi per mano durante le preghiere: «Applichiamo le nuove regole, ma senza inutili allarmismi» conferma don Bernardo.
Anche a Roma il coronavirus ha cambiato le regole delle cerimonie. E se Manzoni scrisse che «trovarsi a pregare tutti assieme in chiesa favorì il contagio», riferendosi alla terribile peste del Seicento, oggi molte chiese hanno svuotato le acquasantiere e adottato norme igieniche come lo stop alla comunione in bocca e lo scambio della pace senza che le mani si tocchino. Si va, però, in ordine sparso. Nella basilica del Sacro Cuore di Cristo Re, in viale Mazzini, in Prati, niente acqua benedetta nei grandi bacini all’ingresso e comunione solo nelle mani, oltre a preghiere contro il coronavirus: «Certo abbiamo pregato per riuscire a superare questa epidemia e questi momenti - racconta don Mario, il sacerdote più anziano della comunità - ma non c’è solo il virus della malattia: abbiamo pregato anche per altri virus quali quello dell’odio, dell’egoismo o dell’orgoglio». Nella parrocchia Santa Maria Regina Apostolorum in via Ferrari, nel quartiere Della Vittoria, invece, ricche d’acqua le acquasantiere e la comunione si può prendere anche in bocca: nel commentare il Vangelo della prima domenica di Quaresima, il sacerdote ricorda come la parola «quarantena» derivi proprio dai 40 giorni trascorsi da Gesù nel deserto e quando è il momento dello scambio della pace invita i fedeli a farsi un saluto da lontano: così, agitando la mano come fa lui. Attenzione alla prevenzione anche nella basilica di Santa Croce in via Guido Reni, al Flaminio, e nella chiesa di Santa Maria del Rosario al Trionfale, dove il parroco ha affisso un cartello con le norme da osservare «nell’attuale emergenza» e invita a pregare la Madonna del Rosario anche per contrastare l’epidemia.