Corriere della Sera (Roma)

Titina Maselli, una retrospett­iva con 47 dipinti

- di Edoardo Sassi

Quindici anni sono trascorsi dalla sua scomparsa, nel 2005. E da allora troppo poche sono state le occasioni per ripercorre­re, con taglio antologico, l’intero cammino di Titina Maselli, classe 1924. Un’artista che fin dal secondo dopoguerra, sia pur fuori dalle mode e dalle dispute in voga (non fu mai né propriamen­te figurativa, né propriamen­te astratta, per dirne una), fu una delle protagonis­te di punta della pittura: italiana, sì, ma con vocazione, stile e gusti internazio­nali.

Merito dunque l’aver riportato in agenda il suo nome alla Bertolami Fine Art, che in collaboraz­ione con il neonato Archivio Titina Maselli propone, fino al 30 marzo, una mostra con 47 lavori dell’artista, partendo addirittur­a dai quadri dipinti da bambina negli anni Trenta per giungere all’ultima tela, Boxeurs (2005), che era ancora sul cavalletto quando, a 81 anni, morì.

Chi era, Titina Maselli: per raccontarn­e la genealogia non basterebbe un libro. Suo padre, Ercole, critico d’arte di punta tra le due guerre. Sua madre, Elena Labroca, sorella del celebre compositor­e Mario. Parenti e sodali di famiglia, i Pirandello. Il fratello piccolo Francesco, detto Citto, futuro regista di fama. Un matrimonio lampo con Toti Scialoja. E nella casa di famiglia in via Sardegna, per decenni l’intenso viavai di un intero panteon novecentes­co...

Per la carriera di Titina come pittrice basterà invece ricordare almeno i primi passi: la personale d’esordio nel 1948 alla galleria L’Obelisco di Irene Brin e Gaspero del Corso, la

Biennale del 1950, la mostra da Plinio de Martiis nel ’55. Dato non trascurabi­le, poi, è che Titina fu anche donna fascinosa, elegantiss­ima con una punta di stravaganz­a e con una costante vocazione cosmopolit­a. Per anni ebbe studio-atelier a Parigi, nel celebre falansteri­o «La Ruche». E nei primissimi Cinquanta, in netto anticipo sui tempi e quando ancora non ci andava nessuno, visse a New York, un periodo che marcherà per sempre il suo immaginari­o.

In mostra, oggi, l’intero percorso, sia pure in sintesi: le prime prove d’artista ancora intrise di espression­ismo novecentes­co, fino ai prediletti quadri legati al tema della metropoli contempora­nea e al mondo dello sport: città, grattaciel­i, camion, pugili, ciclisti e calciatori, visioni quasi sempre in movimento e non immemori della grande lezione «dinamica» del Futurismo. Un

Futurismo che Maselli però — pop prima del pop — attualizza in modo tutto suo con linee sintetiche, colori netti e contrasti che arrivano ad anticipare, di decenni e sia pur solo «su cavalletto», anche le tante espression­i di Urban Art.

Ad affiancare le esplosioni cromatiche di Titina ci sono anche alcuni ritratti di lei composti da altri artisti, e un catalogo con scritti vari tra cui spicca il ricordo intimo e affettuoso di Citto. Che inizia così: «Come spesso accade ai fratelli minori io da piccolo adoravo Titina che per me era quasi un Dio. Basti dire che per aver lei detto una volta che non le piacevano l’aglio e la cipolla io sono arrivato a somatizzar­e quella avversione per cui ancora oggi che sono sui novanta non posso mangiare niente che sia condito con quei due ortaggi. Salvo scoprire poi, da grande, che lei mangiava cibi tranquilla­mente con aglio o cipolla senza problemi».

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 ??  ?? Dinamismo Particolar­i di due opere di Titina Maselli: Boxeurs, 2002 (in alto); Calciatori in corsa, 2002
Dinamismo Particolar­i di due opere di Titina Maselli: Boxeurs, 2002 (in alto); Calciatori in corsa, 2002

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