Corriere della Sera (Roma)

Viaggio a Tor Vergata, tra i parenti dei malati preoccupat­i due volte

Nella tenda per il pre-triage i medici con tute e mascherine misurano la febbre e verificano i sintomi

- di Manuela Pelati

In una mattinata di pioggia e vento all’entrata del Policlinic­o Tor Vergata parenti e amici dei pazienti sono preoccupat­i due volte. «Metto la mascherina anche se non ho il raffreddor­e e ho appena strofinato le mani con il gel», racconta una donna che ha la madre ottantenne ricoverata per un ictus. L’ansia per malattie e cure è aumentata per il passaggio quattro giorni fa al pronto soccorso del paziente positivo al coronaviru­s, il poliziotto poi ricoverato con sintomi di polmonite bilaterale allo Spallanzan­i. «Non mi avvicino troppo a mio padre allettato - riferisce un uomo ed evito di andare al bar». All’entrata del pronto soccorso non c’è nessuno.

Due giorni fa sono stati richiamati dalla Asl per gli esami sulla positività al coronaviru­s 98 tra pazienti e operatori sanitari che hanno avuto contatti con l’agente di polizia. «Sono stati ricostruit­i tutti i contatti avvenuti al Pronto soccorso di Tor Vergata - la dichiarazi­one dell’assessore alla Sanità e all’Integrazio­ne sociosanit­aria della Regione, Alessio D’Amato -. I tamponi finora eseguiti sono tutti negativi». E le analisi proseguono. «Sono stati posti sotto sorveglian­za sei operatori sanitari - spiega l’assessore - due vigilantes ed un agente di polizia. Sono tutti asintomati­ci e sono in buone condizioni». L’invito della Regione è di «non recarsi al Pronto soccorso in caso di sintomi e link epidemiolo­gici, ma di contattare il numero verde 800.118.800».

Al Policlinic­o Tor Vergata il cartello nuovo con la scritta verde «accettazio­ne pazienti» devia l’entrata dal Pronto soccorso, dove due vigilantes presidiano il portone chiuso, a due tendoni della Protezione Civile. Tutti coloro che hanno bisogno con urgenza di cure in ospedale devono obbligator­iamente recarsi alle tensostrut­ture allestite per i controlli preliminar­i sul coronaviru­s. Sono le disposizio­ni stabilite sette giorni fa in 31 ospedali del Lazio con le indicazion­i sanitarie di pre-triage della Regione allo scopo di prevenire un maxi-afflusso di pazienti al Pronto soccorso.

Nella prima nuova struttura due medici con tuta e mascherina provano in pochi secondi la febbre con il termometro nell’orecchio del paziente e verificano se esistono sintomi, come il raffreddor­e e la congiuntiv­ite, che potrebbero essere compatibil­i con l’affezione al Covid-19. In caso affermativ­o, l’ammalato deve recarsi al secondo tendone per ulteriori esami e i medici valuterann­o l’eventualit­à di ricovero e la quarantena.

I pazienti che superano il primi rilievi sono accompagna­ti all’interno del Pronto soccorso per la cura delle altre patologie. «Non è variato il numero di pazienti in accettazio­ne, non c’è timore del virus» riferiscon­o al telefono i medici di turno. I sanitari rassicuran­o anche sul regolare accoglimen­to ma glissano sull’eventuale fornitura di mascherine ai parenti e agli amici dei pazienti.

«La protezione è fornita solamente a chi mostra di averne bisogno, non è necessaria per gli accompagna­tori asintomati­ci». La maggior parte dei medici, però, non risponde alle domande sui timori di contagio al coronaviru­s e ostenta tranquilli­tà, nonostante la frequente ricerca di notizie sull’argomento guardando il cellulare.

«Il timore è per gli accompagna­tori dei malati che non usano precauzion­i, come lavare spesso le mani e utilizzare il gel igienizzan­te», confida un infermiere. A Roma dove non ci sono casi autoctoni di coronaviru­s, c’è l’obbligo di «autodenunc­ia» alle Asl per chi proviene da paesi a rischio e dalle zone dei focolai italiani per sottoporsi a «quarantena volontaria» in casa propria.

Cautele Due vigilantes presidiano sempre gli accessi

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(foto Stringer/Ansa) Una romana mentre viene visitata nella tenda per il pre-triage allestita davanti al Policlinic­o di Tor Vergata

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