Ancora calca nei mercati Cafarotti ai gestori: «Ingressi da contingentare»
Andrà tutto bene e sarà comunque una gioia immensa, certo. Ed è anche vero che, di questi tempi, ci sono dolori e privazioni ben peggiori. Però ecco, quanto darebbe Simona, adesso, per un altro gelato panna e pistacchio. Non poteva sapere, quel pomeriggio al parco, che sarebbe stato l’ultimo per moltissimo tempo.
Simona Ficcardi, 36 anni, chioma rossa e occhi svelti, consigliera comunale Cinque stelle, è incinta di nove mesi. Dovrebbe partorire tra il 4 e l’11 aprile, la bimba si chiamerà Iside come la ginecologa particolarmente empatica che all’inizio l’ha aiutata ad affrontare qualche piccola difficoltà. Da quando è cominciata la quarantena si è trasferita a Marino col suo compagno, il consigliere regionale, anche lui Cinque stelle, Marco Cacciatore, e lì aspettano l’evento più importante della loro vita: la nascita del primo figlio, in questo momento planetario di morte e dolore. Come si fa? «La premessa è che ciò che noi consideriamo mancanze, chiaramente, scompaiono, diventano frivolezze davanti alle vere tragedie - risponde
Simona consapevole che, alla fine, loro restano persone fortunate -. Però quando penso alla situazione che stiamo vivendo mi sembra tutto assurdo, surreale. Così mi capitano momenti di sconforto, e piango». In mezzo a questo dramma collettivo, vuol dire Simona, si accumulano anche tutta una serie di dispiaceri personali «inimmaginabili fino a pochissimi giorni fa».
Quando il Governo stava per varare le prime restrizioni più poderose Simona era in fila in ospedale, doveva prendere l’appuntamento per alcune visite. «Io ero lì, col mio pancione in mano, e purtroppo allo sportello non mi sapevano dire se gli esami del nono mese erano da considerare essenziali oppure no». Dovrà fare a meno, alla fine, dell’elettrocardiogramma che di solito si esegue prima del parto. La flussimetria della bimba, invece, andava fatta a tutti i costi: «C’erano state piccole difficoltà - racconta ora che ha scoperto, per fortuna, che va tutto bene - e ho chiesto alla clinica dove partorirò, la Fabia Mater, di farla lì privatamente, altrimenti sarei stata troppo in ansia». E’ il principio di dover stare alla larga dagli ospedali che, in effetti, se si fermano a pensare, fa un po’ paura: «Di solito si fa un controllo in più per stare più tranquilli, invece io ho timore ad avvicinarmi anche per fare un semplice monitoraggio: ho paura di contagiarmi, di contagiare la bimba, che io sto attenta ma se poi un infermiere inavvertitamente mi si avvicina troppo…». Simona con questi esempi potrebbe andare avanti a lungo: il lettino che non arriva, i pannolini lavabili che non si trovano neanche online, il pensiero dei suoi genitori, futuri nonni, che forse non potranno stringere subito la bambina, e soprattutto la scena che non avrebbe mai neppure osato immaginare, di lei sola in sala parto. «Abbiamo amici che ci sono appena passati, purtroppo non fanno entrare più nessuno». Silenzio, per un attimo. Poi riemerge. «Mi dispiace per me, che è la prima volta e non so cosa mi aspetta, ma anche per Marco che è un papà attentissimo: ma mancano ancora due settimane, voglio sperare che qualcosa possa ancora cambiare».