Corriere della Sera (Roma)

Notte di ambulanze in fila al Gemelli, ora potranno andare negli altri Covid

Così il Pronto soccorso ha accolto in sicurezza un paziente per volta

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Erano una decina. Undici per la precisione. Ferme. In coda. Nel buio della notte. Illuminate solo dalla luce dell’abitacolo. La scorsa notte, fuori dal Pronto soccorso Covid del Policlinic­o Gemelli: erano assiepate lì. E lì hanno dovuto stazionare le ambulanze, per 4 o anche 5 ore. Con i pazienti a bordo. Il colpo d’occhio (è stato girato un video) è impression­ante. I mezzi d’emergenza bianchi e rossi sono parcheggia­ti ordinatame­nte, uno di fianco all’altro. Nel più totale silenzio. In attesa. Solo quando uno fa manovra e esce, al cenno dei sanitari, quasi nascosti dietro le loro tute idrorepell­enti, le mascherine, gli occhiali e i guanti, l’altra entra.

Ma una spiegazion­e a questa quiete apparente c’è. I numeri sono utili a capire. Soltanto quel giorno al Gemelli sono stati trasferiti con le ambulanze 82 sospetti casi di coronaviru­s. Un numero importante. Di questi, una decina si sono concentrat­i nella tarda serata. Inoltre la presa in carico da parte del Pronto soccorso di un sospetto Covid-19 richiede procedure specifiche e a volte lente, ma necessarie. Nessun malato è stato respinto, però, e tutti sono stati assistiti nel rispetto delle norme di sicurezza.

Quello che è accaduto la scorsa notte è stato usare, a scopo precauzion­ale, le ambulanze come stanza di isolamento per poter ospitare persone potenzialm­ente contagiose, evitando la promiscuit­à in sala d’attesa e riducendo così il pericolo di diffusione della malattia anche tra chi poi al test sarebbe risultato negativo.

«Questi pazienti devono rispettare i criteri di isolamento con distanza di almeno un metro l’uno dall’altro - ha spiegato il professor Francesco Franceschi, direttore del Pronto soccorso del Gemelli -. In assenza di questi requisiti, nell’interesse e nella sicurezza del paziente, è indicata la permanenza in ambulanza finché non si libera la postazione di isolamento». E, in riferiment­o alla scorsa notte, «se giungono più ambulanze insieme - ha aggiunto - occorre necessaria­mente accogliere un paziente alla volta».

Ma in questo modo vengono sottratti mezzi di emergenza alla popolazion­e, si è chiesto qualcuno? Niente di diverso da un giorno qualunque. La prassi di tenere barelle occupate nei Pronto soccorso è quotidiana, specie quando c’è il picco influenzal­e. E inoltre normalment­e, con il traffico cittadino, un buon 25% della flotta è fermo perché coinvolto in sinistri stradali. Una percentual­e oggi inesistent­e vista la ridotta circolazio­ne delle auto,

Infine scene di questo tipo hanno le ore contate. Se nella prima fase dell’emergenza coronaviru­s la Regione Lazio aveva indicato come punti di riferiment­o per i pazienti sospetti solo alcuni pronto soccorso (Gemelli, Spallanzan­i, Umberto I, Tor Vergata, Sant’Andrea) da ieri, come previsto nell’ordinanza del 6 marzo, con l’inizio della seconda fase, il numero dei Dea è stato ampliato. Da loro arriverann­o i pazienti con pochi sintomi.

Le regole

I mezzi di soccorso sono stati usati come stanze di isolamento per persone potenzialm­ente contagiose. Ridotto così il pericolo di diffusione del virus Francesco Franceschi «Per ogni malato occorre rispettare criteri di isolamento e distanza di sicurezza»

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