Chiara Caselli: «La mia passione per la fotografia»
Attrice e regista, Caselli racconta la sua mostra di immagini a Palazzo Merulana, che riaprirà dopo l’emergenza
Prima di tutto, prima di essere attrice con Michelangelo Antonioni, Liliana Cavani, Gus Van Sant, Pupi Avati, prima di firmare da regista, Chiara Caselli è stata una ragazzina della Bologna inizio anni Ottanta con una macchina fotografica fiammante al collo. «La mitica Olympus OM-1 che mio padre mi regalò quando avevo 14 anni, forse meno — racconta — Mi piaceva sia scattare che stampare, di giorno facevo foto in giro per la città, la sera andavo nei negozi di ottica del quartiere e mi chiudevo in camera oscura». Primo indelebile amore per una protagonista del cinema internazionale, maturato al punto da sapersi fare narrazione dell’Eros.
Questo il tema del ciclo di mostre che Palazzo Merulana ha organizzato in collaborazione con Roma Fotografia e che la vuole come seconda artista dopo Tina Modotti, quando il lockdown sarà decaduto e la vita culturale riprenderà. «Per la prima volta in vita mia sono orgogliosa di essere italiana e lo dico per come stiamo affrontando quest’emergenza, per l’umanità che stiamo dimostrando a differenza di altri Paesi. Penso anche che questo debba essere il tempo per immaginare il futuro, per disegnarlo migliore. Il mondo nuovo sarà delle nuove generazioni, lo so, lo sento» spiega l’attrice e regista bolognese raccontando quello che questa nuova quotidianità sta portando nei suoi progetti d’artista.
Gettando il cuore oltre l’ostacolo c’è Come allo specchio, il titolo dato insieme al curatore Giovanni Pelloso alla sequenza di scatti che è il racconto di un’estate pervasa di nostalgia e desiderio, una personale per l’esposizione romana per Roma Fotografia 2020 Eros a cui ha lavorato per mesi.
Caselli fotografa, che è stata ospite della Biennale di Venezia e all’ultima edizione della Photo Biennale di Mosca, unica donna accanto a Mimmo Jodice e Gianni Berengo Gardin, si definisce intimista e non lascia al caso nessun aspetto del suo lavoro, fino a ogni dettaglio dell’allestimento. «Anche quando è su grande formato — spiega — il mio è sempre un racconto intimo». Per circoscrivere lo sguardo in uno spazio ampio, ad esempio, ricorre a pannelli tamburati sospesi, mentre formati più piccoli sono stampati su una velina giapponese che pesa solo 40 grammi al metro quadro, infine l’uso della luce è chiaramente un’esperienza vicina al cinema. «Amo lavorare sullo spazio. Amo anche le parole, da sempre. Sia ascoltarle, che leggerle. Ne ho scelte alcune per accompagnare le mie foto tra quelle scritte da grandi pensatori e artisti». Accompagnerà la prima foto di Come
allo specchio una frase della scultrice e pittrice francese Louise Bourgeois trovata per caso curiosando tra gli scaffali di una libreria di New York: «L’arte è garanzia di salute». «Perché i processi creativi sono cose misteriose. L’artista è quella persona che trasforma la vita interiore in forma — spiega — Può essere scritta, dipinta, musicale, è comunque sensibile agli altri». Anche la forma di un film, come è stato tante volte per Chiara Caselli, fino al recente Il signor Diavolo, thriller di Pupi Avati che tornerà a dirigerla nel racconto vagamente ispirato a Giuseppe Sgarbi, padre di Vittorio e Elisabetta, scrittore dell’ultima ora, che avrà un cast stellare con Stefania Sandrelli, Isabella Ragonese, Fabrizio Gifuni e Massimo Boldi, e dopo che saranno finite le riprese del film con sceneggiatura dei Manetti Bros e regia di Daniele Misischia.
All’orizzonte per Chiara anche un nuovo progetto fotografico ispirato al mondo vegetale indagato dal neurobiologo Stefano Mancuso.