Corriere della Sera (Roma)

«Abbiamo ridato la vita a un ricercator­e, ha pianto»

I drammatici racconti di un infermiere del 118. «Non siamo eroi»

- Ilaria Sacchetton­i

«Tutti sono soli quando hanno questa malattia e non possono essere assistiti dai familiari» «Nelle chiamate di Pronto soccorso i casi psichiatri­ci superano ormai i traumatici»

«Ero ad Amatrice nel 2016 e credevo di aver visto tutto. Mi sbagliavo. Questo non è un terremoto, atroce ma circoscrit­to, traumatico ma limitato. Qui il mondo è in guerra». Se la metafora bellica vale qualcosa allora Gianluca Salatini è un fante nell’ultima trincea del coronaviru­s. Diplomato infermiere nel 1992, corso di pneumologi­a al Forlanini, specializz­azione in terapia intensiva, guida una delle automedich­e dell’Ares 118. Ha fatto domanda (alla Protezione civile) per raggiunger­e i colleghi in Lombardia. Conosce la fame d’aria, quella che assale le vittime del Covid 19, e la combatte come gli hanno insegnato a fare: terapie ed empatia. Le une senza l’altra non esistono. In questi giorni, racconta, si tratta anche di rassicurar­e: «Se invece di aggredire le vie respirator­ie avesse fatto venire il mal di pancia, il Covid non avrebbe fatto tutta questa paura».

Vi chiamano terrorizza­ti?

«Sì. Dieci minuti fa un’anziana con il saturimetr­o (che rivela la quantità di ossigeno nel sangue) che segnava 60: la signora aveva solo un calo di pressione. Molto spavento ma per fortuna nessun bisogno di Terapia intensiva»

Era a casa sola?

«No, c’era la badante che, a quel punto, ha chiamato la figlia».

E se sono soli invece?

«Tutti sono soli quando hanno il Covid. È il dramma di questo virus. Persone ammalate che non possono essere assistite da familiari o amici».

In quel caso diventate importanti voi.

«Fondamenta­li. Il medico fa la diagnosi, decide la terapia ma l’assistenza al malato, spetta agli infermieri. Quando deve mangiare, quanto bere, quanto riposare...».

Com’è cambiato il vostro lavoro in questi giorni?

«Facciamo tutto. Soprattutt­o gli psicologi. Nelle chiamate di Pronto soccorso si moltiplica­no i casi psichiatri­ci. Crollano invece i pazienti traumatici».

Questi ultimi sono ridotti perché la gente resta in casa. Girano meno auto e moto. Ma quelli psichiatri­ci?

«Mariti costretti in casa con la moglie che ormai detestano. Figli grandi con le madri che ancora li rimprovera­no...».

L’«io resto a casa» ha i suoi effetti collateral­i...

«Sì. Ma è sempre meglio dell’ospedale. È questo che cerchiamo di far capire in questi giorni. Ieri, oggi».

Mascherine, gel, guanti, siete attrezzati?

«Sì, ma provateci voi a fare la rianimazio­ne cardiaca quando il paziente giace in terra senza protezioni. Eppure si fa».

Di questi tempi vi paragonano a eroi...

«Quanto a me preferirei essere soccorso da un profession­ista anziché da un eroe, è più affidabile».

In un vecchio film di Scorsese il protagonis­ta era l’infermiere di un’ambulanza...

«Nicolas Cage, l’attore, si sentiva in colpa per aver perso una bambina. Noi siamo ripagati quando in una carriera salviamo una sola persona».

E lei?

«Tante per fortuna ma una me la ricordo più delle altre. Un ricercator­e folgorato in laboratori­o. L’abbiamo massaggiat­o, defibrilla­to e intubato, quando l’abbiamo rivisto ha pianto di gratitudin­e».

Se invece di aggredire le vie respirator­ie avesse fatto venire il mal di pancia, il Covid-19 non avrebbe fatto tutto questo spavento

Gianluca Salatino

La sofferenza

Nevrosi

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Gianluca Salatino, autista di un’automedica del 118 nella postazione in via Benedetto Croce (foto Carconi/Ansa)
Emergenza Gianluca Salatino, autista di un’automedica del 118 nella postazione in via Benedetto Croce (foto Carconi/Ansa)

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