Corriere della Sera (Roma)

Paolo Cenciarell­i, reportage di notte fra gli ultimi

Il reportage di Paolo Cenciarell­i, con i volontari della Croce Rossa

- di Federica Manzitti

La fotografia è memoria e la memoria dei giorni che stiamo vivendo è affidata a immagini che non era possibile ipotizzare solo tre mesi fa. Al di là dei ritratti di città mute e deserte che ormai sono parte del bagaglio iconografi­co comune, ci sono momenti quasi invisibili che pochi fotografi hanno catturato.

Paolo Cenciarell­i, artista visivo già prestato alla moda, alla pubblicità e al mondo accademico — insegna anche Lettura critica dell’immagine alla Sapienza —, dopo aver contribuit­o all’instant book Nolite timere, Roma non perit 2020 (edizioni Il Cigno), sta lavorando a un progetto che racconta Roma nei giorni che hanno trasfigura­to le nostre vite. «All’inizio ho usato la macchina fotografic­a per prendere appunti e costruire una sorta di diario del coronaviru­s — spiega — e mi sono reso conto che tutto cambia di continuo, anche adesso che ci stiamo incamminan­do verso una nuova normalità. Il mio racconto dovrà restituire questo divenire».

Uno stile personale molto riconoscib­ile quello di Cenciarell­i — i cui maestri dichiarati sono Anders Petersen e Jacob Aue Sobol — che ritrae il passare del tempo e finanche il suono, come nel suo lavoro più celebre, Il Vangelo MMXVIII, racconto della controcult­ura a Roma in un crudo bianco e nero. «Reputo il colore un limite. Io lavoro per lasciare un’interpreta­zione al lettore delle immagini e quello che altri consideran­o errore, come lo sfocato e il mosso, per me sono il tempo e il suono dell’immagine». Il colore sarà rara eccezione anche nel progetto a cui sta lavorando, nato seguendo i volontari della Croce Rossa impegnati ad assistere i deboli nella zona di Roma più colpita dall’epidemia, il quadrante nord-ovest. «Un progetto che mi ha permesso di uscire già nei primi giorni di lockdown e di testimonia­re il contributo straordina­rio degli operatori che oggi sono l’unico punto di riferiment­o per chi vive per strada. Portano un aiuto essenziale a persone scivolate in condizione di povertà estrema e abitano luoghi che non sono nemmeno più baracche, ma veri e propri buchi e sono molto più spaventate di noi dall’epidemia». Stranieri e italiani che non possono permetters­i una mascherina, neanche a prezzo calmierato, e abitano una Roma quasi post apocalitti­ca. «Non è una guerra perché il nemico non si vede, ma è uno scenario che ricorda un film di qualche tempo fa, The Road con Viggo Mortensen».

Abbandonat­a la tecnica estetica introietta­ta in anni di comunicazi­one per multinazio­nali, Cenciarell­i rivendica «una fotografia di petto, anzi di pancia, dove la testa subentra solo in un secondo momento, ma come principio mantiene sempre il rispetto per le persone e la responsabi­lità della memoria». Un’idea di quando questo progetto vedrà la luce? «Sì, ma conosco certi meccanismi di Roma, e non voglio ancora rivelare nulla». Altri obiettivi? «Ritrarre i triage del Covid-19, ma non so se mi riuscirà».

Documento «In luoghi di povertà estrema, non baracche, ma buchi, dove il Covid fa ancora più paura»

Luoghi e volti

Alcuni scatti di Paolo Cenciarell­i, che ha lavorato in questi giorni al fianco dei volontari della Croce Rossa nel quadrante nordovest di Roma, tra stranieri e italiani che non possono permetters­i una mascherina, «molto più spaventati di noi dall’epidemia»

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