Paiato e Popolizio in «Centuria» sono attori-fantasma
Maria Paiato nella produzione del Teatro di Roma
Tredici attori fantasma si aggirano in questi giorni nel labirinto di Centuria di Giorgio Manganelli, nuova produzione digitale del Teatro di Roma. Capitanati da Massimo Popolizio e Maria Paiato, sono quelli della compagnia di Un nemico del popolo, spettacolo la cui tournée è stata interrotta dall’emergenza sanitaria, ora ricomposta sul palcoscenico virtuale in una staffetta di due letture a settimana - ogni giovedì e domenica- fino al 31 maggio. Oggi, a partire dalle ore 16, su #TdRonline sarà pubblicata la seconda delle sei puntate della raccolta di microstorie fantastiche che Giorgio Manganelli scrisse nel 1979 e che sembra appartenere a un universo parallelo, al confine tra irrealtà e allucinazione, trovando una casa naturale nel web.
Perché fantasmi, chiediamo a Maria Paiato, tre volte Premio Ubu di cui l’ultima proprio con il testo di Ibsen? «Per
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Ci siamo resi conto che quella dell’attore è una categoria vittima di un grosso equivoco. Non siamo dei ragazzoni che saltellano allegramente nei prati come crede qualcuno. Siamo lavoratori
richiamare la fattura di questo progetto che porta in video trenta dei Cento piccoli romanzi fiume dello scrittore milanese in un bianco e nero onirico, irreale; e perché in questo periodo ci siamo resi conto che quella dell’attore è una categoria vittima di un grosso equivoco. Siamo stati i primi a chiudere, saremo gli ultimi a riaprire, ma non siamo dei ragazzoni che saltellano allegramente nei prati come crede qualcuno. Siamo lavoratori. Il nostro mestiere ha la stessa concretezza di quello di un operaio: ci sono fatica, rischi per la salute, competenze e diritti».
Centuria è una produzione del Teatro di Roma che coinvolge un’intera compagnia, parola diventata quasi oscena con le norme di distanziamento fisico.
«Spero che sia da spunto per altri teatri stabili che stanno cercando soluzioni alla chiusura delle sale. Farsi carico del lavoro collettivo: questo è il segnale, ed evitare che passi l’idea di un teatro ridotto per forza a monologo o dialogo. Lo spettacolo è più bello quando coinvolge tante persone e credo che gli enti pubblici debbano portare avanti questo discorso».
E lei Paiato, come si sente nel mondo virtuale?
«In realtà in questi giorni ho preferito restare in silenzio, non ho partecipato a iniziative su Facebook o simili, che tra l’altro non ho. Me ne sono stata reclusa a casa mia con molti pensieri di diverso tipo, dai quelli depressivi ai più leggeri. Ho ascoltato tanta radio, amo i podcast e, stranamente, ho trascurato le serie tv che invece seguo avidamente quando sono in tournée». Zero social?
«Ho condiviso con gli amici solo qualche lettura ad alta voce. Il giardino di guerriglia, ad esempio, un libro rivitalizzante di Stefania Bertola, e un’altra lettura con gli attori della compagnia da Tutto è possibile di Elizabeth Strout. Solo per noi, senza pubblico».
Vizio irrinunciabile quello della compagnia teatrale?
«Forse. Mi chiedo cosa ci lascerà questo trauma da distanziamento. Tra un anno le persone avranno voglia di partecipare a uno spettacolo con lacrime, risa e corpi dal vivo? La prepotenza della tecnologia a cui stiamo assistendo cambierà priorità e percezioni?»
Non c’è risposta al momento, se non quella del Teatro di Roma online con Centuria sui canali social.