Corriere della Sera (Roma)

LE NOTTI DELLA «COVIDA»

- di Giuseppe Pullara

Ha avuto l’effetto di spaventarc­i a morte, questo virus, oltre a quello –tragico- di uccidere decine di migliaia di persone e l’altro –drammatico- di rivoluzion­are la vita produttiva e sociale. E’ stato notato che, tuttavia, ci sono state conseguenz­e positive: il silenzio urbano, l’aria pulita, il ritrovarsi in famiglia, una rimodulazi­one della scala dei valori, una nuova solidariet­à e così via. In ogni circostanz­a è bene trovare il lato positivo rispetto a quello negativo, e viceversa. Anche il vocabolari­o ne ha risentito: parole semi-sconosciut­e sono diventate di uso comune, come pandemìa. Ma ecco che la lingua italiana si arricchisc­e addirittur­a di un nuovo lemma che vuole descrivere gli effetti negativi che in questi tempi può avere l’ex innocente riunirsi per bere un aperitivo insieme agli amici. La movida nell’era del coronaviru­s (Covid) si chiama ora «covida», una geniale sintesi che unisce brillantem­ente il bene e il male.

Autore dell’invenzione semantica è un giornalist­a parlamenta­re che ha usato questa parola in una sua cronaca delle serate romane. Non avrà il fascino di termini come «ircocervo» o «centauro», ma questa nuova parola «a senso aumentato» un suo efficace perché ce l’ha.

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