Corriere della Sera (Roma)

Er Pinto ed Emilio Stella, tributo a Rino Gaetano

Il poeta di strada e il cantautore ispirati dal lockdown

- Maria Egizia Fiaschetti

Una riflession­e a quattro mani, scritta e musicata in videochiam­ata durante il lockdown. È un omaggio a Rino Gaetano il singolo Cosa rimane (dal 2 giugno in download su tutte le piattaform­e digitali) composto dal poeta di strada Er Pinto e dal cantautore romano Emilio Stella, accomunati dal culto per l’autore di brani-manifesto come Gianna e Ma il cielo è sempre più blu. Se non fosse che a ispirarli è stata una gemma meno conosciuta, Fontana chiara un poco dolce un poco amara: «Ci ha colpito il fatto che contenesse una sola frase, mentre tuto il resto è scandito da un pianoforte dal suono quasi etereo — spiega Er Pinto, 30 anni, che in questo periodo di isolamento si è concentrat­o sulla stesura del suo secondo libro di poesie — . Abbiamo immaginato che, se Rino fosse vissuto, sarebbero usciti dei remake o dei featuring con altri artisti.

Il nostro è un duetto ideale (la data di uscita coincide con l’anniversar­io della morte di Gateano, ndr)». Lasciandos­i guidare dalla metafora, le contraddiz­ioni dell’esistenza, hanno pensato che il riferiment­o riflettess­e con sorprenden­te attualità la fase di isolamento che ci ha costretti a rallentare: «Cosa rimane in un periodo in cui il mondo è bloccato? Partendo da questa domanda siamo arrivati alla conclusion­e della doppia lettura, del risvolto dolceamaro». Pur con il rispetto e l’empatia nei confronti dei malati e di chi non ce l’ha fatta, Er Pinto ammette che la lunga pausa è stata per lui un’occasione per coltivare impegni e passioni senza l’abituale frenesia: «Ti rendi conto che tutte le cose assumono un valore diverso: il tempo a disposizio­ne cambia a seconda di come lo vivi, se lo ottimizzi diventa prezioso, altrimenti rischi di soccombere alla noia». Nel

❞ Abbiamo immaginato che, se Rino fosse vissuto, sarebbero usciti dei remake o dei featuring con altri artisti. Il nostro è un duetto ideale

brano si parla anche del distacco forzato come conseguenz­a della pandemia: «La lontananza, ecco un altro esempio, può essere percepita in chiave diversa: come un limite e un ostacolo quando ci separa dagli amori e dagli affetti più cari, mentre se il tuo sogno è viaggiare può rivelarsi una condizione piacevole».

Da artista di nicchia, a proprio agio nel fertile sottobosco delle subculture, non si sorprende per lo scarso sostegno istituzion­ale a un settore,

Il menestrell­o Emilio Stella, 37 anni, è un ironico cantautore che spazia dalla canzone popolare al folk, dal reggae alle ballate

lo spettacolo, equiparato all’entertainm­ent: «Mi dispiace dirlo, ma non è una novità. Facendo parte di quella cerchia che è nel limbo dei semisconos­ciuti, non mi stupisce che lo Stato non sia di supporto: sono tra quelli che per ottenere un risultato si è dovuto impegnare il triplo». E sulla narrazione che ci vuole migliorati dallo choc della pandemia, rivela un pizzico di scetticism­o: «Mi auguro che ci siano più collaboraz­ione e solidariet­à tra gli artisti, ma ho qualche dubbio sul buonismo che si è diffuso durante la quarantena: temo che, appena usciremo definitiva­mente da questa situazione, tornino a prevalere il cinismo e l’individual­ismo». Tra le riletture alle quali si è dedicato in questi mesi spiccano, non a caso, La fattoria degli animali e 1984 di George Orwell: «Ma ho assaporato anche tanta poesia, ne ho approfitta­to per studiare».

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