Alberto Sordi, lunedì il centenario della nascita
Nato a Trastevere il 15 giugno 1920, oltre duecento i film in carriera Lunedì omaggi in Campidoglio con la sindaca, De Sica, Verdone Dal 16 settembre la mostra nella sua villa a Caracalla
Formidabile quell’anno. Nel 1920, un secolo fa, sono nati Federico Fellini, Tonino Guerra, Franca Valeri (il 31 luglio). E Alberto Sordi. Nato il 15 giugno a Trastevere dove la famiglia — il padre Pietro, concertista al Costanzi, suonava il bassotuba, la madre Maria Righetti maestra elementare, le sorelle Aurelia e Savina, il fratello Giuseppe — abitava in via San Cosimato. In un edificio che non c’è più, al suo posto nel 1930 fu costruito il palazzo del Vicariato. Di fronte, al numero 12, c’è una targa che lo ricorda come «parte ormai indelebile di ognuno di noi».
Lo è stato e continua a esserlo, Alberto Sordi. Dell’italiano ha saputo raccontare ogni sfumatura. Sfrontataggine e meschinerie, desideri e frustrazioni, ignavia e forza d’animo, coraggio e vigliaccheria. Con un legame fisico ancora prima che sentimentale con la sua città. Come una spugna ne assimilò vezzi e vizi e ci costruì la sua fortuna, facendosi forza anche dei difetti di pronuncia che, ai tempi milanesi dell’Accademia dei Filodrammatici, rischiavano di comprometterne la carriera d’attore («ferro, carrozza, guerra; alla romana pronunciavo fero, garozza, guera»). Gli bastava un cenno, mezza battuta, un’alzata di spalle per evocare un mondo intero. Più romano di Roma stessa, Albertone ha incarnato meglio di ogni altro l’italiano.
Normale che a 17 anni dalla scomparsa (avvenuta il 23 febbraio 2003) la sua presenza sia ancora così viva. In questo 2020 così diverso da ogni previsione, gli omaggi si rininaugurata corrono. Documentari (come Siamo tutti Alberto Sordi? di Fabrizio Corallo), libri (come Alberto Sordi di Alberto Anile, Edizioni Sabinae con il Centro sperimentale che gli ha dedicato anche un numero di «Bianco e nero»), programmi Rai ad hoc, lunedì, in tv, radio e web, su tutte le reti.
La sua sterminata filmografia (duecento titoli) da cui molti hanno pescato nei lunghi giorni della quarantena che ha cambiato l’agenda degli eventi intorno alla grande mostra allestita nella villa di via Druso, per la prima volta aperta al pubblico, e al Teatro dei Dioscuri. La casa museo, ristrutturata con cura assecondando le sue passioni: il teatro gioiello, la barberia, i guardaroba, i saloni che ospitano le opere d’arte di cui era instancabile cacciatore. La casa che diventa rifugio dopo la morte dell’amata sorella Savina. Avrebbe dovuto essere il 7 marzo, due giorni prima del lockdown. Oltre diecimila i visitatori prenotati. Prenotazioni che hanno continuato a fioccare in queste settimane. Ora una data di riapertura c’è. «Il Centenario–Alberto Sordi 19202020», curata da Alessandro Nicosia con Vincenzo Mollica e Gloria Satta, sarà aperta dal 16 settembre. E lunedì, nel centenario, Carlo Verdone e Christian De Sica, due che lo conoscevano bene, lo ricorderanno in Campidoglio con la sindaca Virginia Raggi, Italo Ormanni e Giambattista Faralli, presidente e vicepresidente della Fondazione Museo Alberto Sordi, e Alessandro Nicosia, curatore della mostra e organizzatore degli eventi per il Centenario.
Altri puzzle del ritratto di un uomo che, come ricordava Lietta Tornabuoni, era in pace con la vita. «Non ho rinunciato a niente, tutto quello che potevo fare l’ho fatto».