Tarpea, storie e leggende della Rupe fatale
L’incanto delle pendici del Campidoglio dove trovano Consolazione secoli di storia
L’incanto che si prova attraversando Roma è pari solo alla nostra inconsapevolezza. Quante volte ci è capitato di andare in via Luigi Petroselli, uno dei sindaci più importanti che questa città ha avuto, magari solo per andare all’ufficio Anagrafe del Comune. Solo il passaggio da via del Teatro Marcello a via Petroselli ci porta nell’atmosfera magica carica di due millenni di storia. Proprio dove le due strade si uniscono, da una parte ci sono i resti del portico del Foro Olitorio (nessun mistero, era il più importante mercato di frutta e verdura) dall’altra, verso il Tevere, la chiesa cristiana di San Nicola che ha letteralmente «mangiato» i preesistenti templi di Giano, il tempio della Speranza (sei colonne con l’architrave sono inglobate e visibili sul fianco sinistro della chiesa) e il tempio di Giunone Sòspita, il cui basamento è ancora all’interno e tre colonne sono nella facciata. Se lasciamo via Petroselli prendendo vico Jugario, dobbiamo tendere l’orecchio alle mandrie di buoi che qui sono passate e il lavoro degli artigiani che costruivano i gioghi e dovevano dare il nome alla strada.
Poco più avanti si apre piazza della Consolazione e la parete del colle del Campidoglio si fa scoscesa e inquietante. Qui si trova la Rupe più famosa di Roma e la più chiacchierata: la Rupe Tarpea. Innumerevoli le leggende che la riguardano, tramandate da Tito Livio, Properzio, Plutarco, per citare solo i maggiori. È vero che su questa rupe i romani giustiziavano i traditori, cosa che hanno continuato a fare almeno per una quindicina di secoli. Più deboli le storie sulla fanciulla, Tarpeia, figlia di un comandante romano Spurio Tarpeo, che avrebbe tradito aprendo le porta agli assedianti sanniti, ingolosita dai gioielli che portavano con la mano sinistra. E che avrebbe fatto una brutta fine perché i sanniti con la mano sinistra portavano anche pesanti scudi di bronzo coi quali l’avrebbero uccisa. C’è anche chi suggerisce un tradimento per amore, con la solita fine. Certo fa impressione, conoscendo la cura dei romani per le fonti della loro grandezza, notare che bastava una ragazza dotata di chiavi per aprire un varco nella fortezza del Campidoglio, dove evidentemente la notte le sentinelle dormivano tranquille.
A noi Tarpeia fa un po’ tenerezza e ci piace pensare che il suo fantasma ancora si diverta a disturbare la ritrovata tranquillità del luogo. Per questo, vicino ai granai della potente famiglia Mattei, nel XV secolo venne costruita la chiesa di Santa Maria «della Consolazione» per confortare i condannati a morte. Quella che vediamo oggi e domina la piazza cui dà il nome è stata ricostruita tra il 1585 e il 1600 su progetto di Martino Longhi il vecchio, la cui facciata è stata completata solo nel 1827. Nell’abside semicircolare l’edicola con la Madonna delle Grazie, presidiato da due campanili a vela: il Foro Romano, il tempio di Saturno e i resti della Basilica Giulia, sembra di poterli toccare. L’emozione toglie il fiato.