LA CITTÀ SI TINGE DI BANGLA
Conosciamo Roma? chissà. Sappiamo cosa succede in un mondo che forse non ci è familiare, come quello degli stranieri? Chissà. Sappiamo, ad esempio, come si compone la comunità straniera? Ad esempio, quanti sanno che nell’ultimo anno la nazione da dove è arrivato il maggior numero di nuovi residenti è il Bangladesh? Proprio così: ne sono arrivati 4.287, superando di poco quanti sono arrivati dalla Romania, e addirittura di quasi quattro volte quelli venuti dalle Filippine. Il fenomeno è tanto nuovo che abbiamo difficoltà anche a darne il nome, perché diremmo Bengalesi, ma scopriamo che sarebbe più esatto dire Bangladesi. Come che sia, questo dato ci indica un fenomeno nuovo per la città, cioè la crescita dell’immigrazione dal «continente» indiano, perché si aggiunge anche l’India, propriamente detta, al sesto posto di questa classifica, seguita dallo Sri Lanka, all’ottavo. Anche sul nome di quest’ultimi ci sarebbe da discutere: prevalgono le diciture di Singalesi o Cingalesi, anche se più correttamente si comincia a dire Srilankesi, perché i Cingalesi sono una etnia e non l’intera popolazione di quella nazione. Perciò da quell’area, con una certa dose di sorpresa, arriva la nuova immigrazione a Roma. Parliamo di quella legale, perché di quella illegale, per definizione, possiamo dire poco.
Al di là delle incertezze della lingua, che da sole già identificano la novità del fenomeno, dobbiamo anche provare a dare una chiave di lettura alla nuova geodemografia dell’immigrazione a Roma.
IBangladesi si occupano, da quel che si percepisce a occhio nudo (perché naturalmente non c’è nessuna ricerca strutturata per capirlo) di piccolo commercio alimentare, insomma sono quelli che tengono aperti i negozietti con i prodotti essenziali fino a tarda notte. Insomma, un’attività di servizio collettivo.
Allo stesso modo, se scorriamo nazionalità, età e genere, scopriamo che gran parte dei 382mila stranieri residenti in città in maniera del tutto legale, si occupano di servizi alla persona e di servizi alla collettività. Insomma, sono il rispecchiamento coerente della società signorile di massa che abbiamo costruito. D’altra parte, se andiamo a vedere la struttura per settore degli occupati a Roma scopriamo che il 12,3% (una quota enorme, visto che per l’Italia è il 7,8%) di tutta l’occupazione (italiani e stranieri) si occupa a Roma di lavori classificati come “servizi personali e collettivi”. Per farsi un’idea, si pensi che tutto il commercio coinvolge il 12,0% degli occupati. Perciò due settori che pesano uguale sull’occupazione.
Accanto alla sorpresa della geografia, meno sorprendente è il fatto che, alla fine, non è un altro mondo che arriva da noi, ma è il nostro mondo che arriva a loro. La differenza non è piccola.