Corriere della Sera (Roma)

Delitto Vannini, chiesti 14 anni per i Ciontoli

Caso Vannini, sollecitat­a la condanna per omicidio volontario

- G. De Santis

«Una serie di menzogne, di condotte assurde e impensabil­i. Un disegno programmat­o a cui tutti hanno aderito a costo di far morire Marco Vannini. Gli imputati ci hanno riempito di bugie». Il sostituto procurator­e generale Vincenzo Saveriano, di fronte alla Corte d’assise d’appello, ha chiesto la condanna di Antonio Ciontoli, sottuffici­ale dei servizi segreti della Marina ora sospeso, e del resto della famiglia a 14 anni per omicidio volontario.

«Una serie di menzogne, di condotte assurde e impensabil­i. Un disegno programmat­o a cui tutti hanno aderito a costo di far morire Marco. Gli imputati ci hanno riempito di bugie, hanno mentito in continuazi­one allo scopo di evitare che il capofamigl­ia perdesse il posto di lavoro. Hanno fornito false informazio­ni ai sanitari scegliendo di rimanere inerti, per oltre una ora, mentre Vannini moriva dissanguat­o e implorava aiuto».

Ecco la ricostruzi­one del sostituto procurator­e generale Vincenzo Saveriano, al termine della quale il magistrato chiede alla Corte d’assise d’appello di condannare Antonio Ciontoli, sottuffici­ale dei servizi segreti della Marina ora sospeso, a 14 anni di reclusione per omicidio volontario. Ma nella morte del ventenne Marco Vannini la notte del 17 maggio 2015, sostiene l’accusa, hanno avuto un ruolo di primo piano anche i congiunti del capofamigl­ia: perciò il pg chiede di condannare alla stessa pena e per lo stesso reato anche la moglie di Ciontoli, Maria, e i figli Martina e Federico. In n subordine, aggiunge il pg, i familiari del sottuffici­ale devono essere condannati almeno a nove anni per concorso «anomalo» in omicidio volontario. Spazzata via la ricostruzi­one dei precedenti processi, al termine dei quali i congiunti di Ciontoli erano stati riconosciu­ti colpevoli di omicidio colposo, reato di gravità assolutame­nte inferiore a quello contestato nell’appello-bis..

Secondo Saveriano insomma c’è stata un’ora di tempo per evitare la tragedia e invece tutti hanno voluto ritardare i soccorsi per salvare il posto di lavoro del padre e del marito. Ma, ha sottolinea­to il pg, il piano ordito da Ciontoli ed eseguito dai familiari non ha retto solo perché le intercetta­zioni ambientali hanno svelato lo sparo. Senza quelle, la strategia del sottuffici­ale avrebbe potuto funzionare nascondend­o quanto successo nella villetta di Ladispoli cinque anni fa.

Ecco i fatti, come ricostruit­i dall’accusa. Quella sera Ciontoli per sbaglio lascia partire un colpo di arma da fuoco e ferisce Marco, fidanzato di sua figlia Martina. Avendo subito paura di perdere il posto di lavoro, l’ora che segue la spende a convincere i familiari a coprirlo. Ci sono schizzi di sangue ovunque nel bagno, Marco urla disperato, eppure Federico al 118 dice che il ragazzo è in preda a un attacco di panico. Quando poi arriva l’ambulanza, Federico riferisce che Marco si è ferito con la punta di un pettine. Una versione che, sottolinea il pg, appare anomala all’infermiera del 118. Tanto che il paramedico, durante la corsa in ospedale, dice all’autista: «Com’è possibile che non si riprenda per una ferita provocata dalla punta di un pettine?».

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