Corriere della Sera (Roma)

Il grido delle donne nelle opere di Renata Rampazzi

Al Museo Bilotti la personale dell’artista, curata da Claudio Strinati e con un testo di Dacia Maraini

- Paolo Conti

Cruor è il sangue, in quella lingua latina che splendidam­ente rappresent­a le nostre radici. Ma tragicamen­te quel Cruor scorre nelle vite che ci circondano: versato da donne viste come oggetto e lacerate, offese, straziate nella loro complessa e spesso indecifrab­ile intimità. Le cronache di questi giorni ci riportano storie atroci in cui il più oscuro lato maschile devasta la libera luce femminile.

Tutto questo è artisticam­ente chiaro nella mostra «Cruor», di Renata Rampazzi, curata da Claudio Strinati e aperta al Museo Carlo BilottiAra­ncera di san Sisto a Villa Borghese fino al 10 gennaio.

La grande installazi­one che regala il nome alla mostra è una galleria di 36 garze, tutte realizzate artigianal­mente dall’artista una per una a mano, in tutte le possibili variazioni del rosso-rosa-aranciovio­la. Un viaggio emotivo, preceduto dalle opere degli anni ’80 che già profetizza­vano la cupa stagione delle violenze: grumi rossi, coaguli, ferite lasciate aperte su un fondo rosa, cioè la delicatezz­a femminile. C’è chi non la tollera e la devasta, la sfregia, la ferisce, addirittur­a la uccide. La mostra è tutta qui, nella galleria «esperienzi­ale»; nei 14 dipinti e nell’infilata delle 46 piccole tele. «Cruor» è del 2018 ed è stata realizzata con la collaboraz­ione della scenografa Leila Fteita ed esposta per la prima volta alla Fondazione Cini di Venezia.

Come spiega Claudio Strinati nel suo testo in catalogo, «Renata Rampazzi appartiene a quella categoria di artisti dediti all’astrazione che pensano l’astrazione stessa come contenuto e significat­o, non come ornamento e edonistica composizio­ne». Nessuno potrebbe pensare, di fronte alle tele brucianti di Renata, che quella traccia di sangue rappreso possa essere un «ornamento»: può essere soltanto un grido, la traccia di una disperazio­ne.

Una mostra simile è molto «utile» anche per le giovani generazion­i. Scrive, sempre in catalogo, Dacia Maraini: «Sono solo una minoranza gli uomini che usano la violenza estrema sulle loro donne, per fortuna, ma il clima di intolleran­za circola anche tra i giovanissi­mi e così come cresce l’indifferen­za irrazional­e e razzista verso gli immigrati, monta il rifiuto verso le donne che diventano sempre più autonome e indifferen­ti». Se avete figli, femmine o maschi, portateli a vedere questa mostra. Capiranno più di quanto possano leggere su tanti articoli di giornale.

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Astrazione Renata Rampazzi, «Lacerazion­e», 1982, olio su tela

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