Quayola show: video e pianoforti motorizzati
All’Argentina «Transient», performance live con algoritmi e pianoforti motorizzati di Quayola, digital-artista romano
Èesattamente nella fessura ideale tra l’uomo e la macchina, tra reale e virtuale, che si incardina l’arte di Quayola, al secolo Davide Quagliola — natali romani nel 1982 e una carriera internazionale ormai ventennale con esposizioni anche al V&A Museum di Londra, al Park Avenue Armory di New York, al National Art Center di Tokyo e all’Ucca di Pechino — che domenica al Teatro Argentina presenta in prima assoluta il concerto audiovisivo «Transient – Impermanent Paintings» nell’ambito di Digitalive, sezione del Romaeuropa Festival a cura di Federica Patti che ospita tra gli altri Lorem, Salò, Myriam Bleau e La Turbo Avedon.
Dopo aver riflesso i capolavori della storia dell’arte attraverso metodi computazionali (con lavori come «Strata») e impiegato la robotica per reinterpretare le abilità manuali dell’uomo (su tutte la scultura con le imponenti opere di serie come «Laocoon», esposte alla Quadriennale di Roma nel 2016), stavolta la sua sperimentazione indaga le possibili sinergie tra suono e immagine in una performance con musica e pittura generate, ancora una volta, dalle macchine in maniera (quasi) autonoma. «Chiaramente dietro ogni tecnologia c’è l’uomo che l’ha messa a punto. Ma quello che mi interessa è sviluppare software capaci di produrre linguaggi che siano in qualche modo indipendenti – commenta – Esplorando la relazione uomo-macchina, quella passato-futuro, per svelare nuove e possibili prospettive di osservazione del mondo. Realizzando espressioni artistiche che siano uniche ma potenzialmente infinite, manipolate sì dall’uomo ma nate da algoritmi imprevedibili. Quello che importa è il processo creativo, e l’esito della mia ricerca è la manifestazione tangibile del digitale».
Un’arte tutt’altro che astratta, dall’impatto visivo potente, che vive di un imprevedibile equilibrio tra microchip e visioni. «Con “Transient” c’è stato bisogno di due anni di lavoro per sviluppare il software che consente l’interconnessione continua e simultanea di immagini e suoni attraverso algoritmi generativi in grado di eseguire un’improvvisazione dal vivo, con due pianoforti motorizzati e proiezioni video – spiega – In pratica sono gli algoritmi stessi a guidare contemporaneamente le pennellate che si materializzano sullo schermo, come fosse una tela di un quadro digitale, e il suono prodotto dai pianoforti sul palcoscenico, dove io e il mio collaboratore Andrea Santicchia siamo una sorta di direttori d’orchestra. Solo che invece del podio occupiamo una postazione computerizzata, per ogni pennellata c’è una nota, e ogni piano può vibrare di virtuosismi impossibili a qualunque pianista».
Come nei suoi «Laocoonti», che ricordano il «non-finito» michelangiolesco, anche in quest’ultimo lavoro Quayola focalizza l’attenzione al processo. E, come suggerisce lo stesso titolo, la performance non ha lo scopo di produrre musiche e dipinti finiti, bensì di mettere in scena «l’impermanenza» congenita al loro potenziale algoritmico. «Già al liceo artistico avevo le idee chiare sul percorso che volevo intraprendere nell’arte computazionale – ricorda – così dopo il diploma volai a Londra, dove ho proseguito gli studi ma soprattutto ho assorbito un ambiente più favorevole alle mie intenzioni. Passando in breve dalle esposizioni al Forte Prenestino ai musei. E mantenendo inchiodate negli occhi le visioni delle fontane romane e delle chiese barocche. «Anche in “Transient” rifletto sul rapporto tra patrimonio e tecnologia – conclude – ma faccio un passo in più: la musica».