Corriere della Sera (Roma)

PROGETTARE LA CAPITALE DEL FUTURO

- Di Edoardo Segantini

Qualche giorno fa, presentand­o la Scuola di Servizio Civico, Francesco Rutelli ha contraddet­to la convinzion­e secondo la quale «la città è resiliente e tornerà quella di prima». In pochi mesi, dice l’ex sindaco, la pandemia ha costretto le metropoli di tutto il mondo a rivedere le linee di tendenza sullo sviluppo urbano. Una riflession­e importante su un tema chiave: Roma merita la mobilitazi­one di tutte le intelligen­ze migliori (e sono tante) per ragionare sul suo futuro, anche nel corso di iniziative pubbliche.

Oggi siamo nel mezzo di due atteggiame­nti contrappos­ti. Da un lato c’è chi pensa che, una volta passata la nottata virale, grazie al sole del vaccino imminente, la luce tornerà a splendere come sempre, svaniranno le tenebre, riavremo la normalità. Dall’altro c’è chi cade nell’eccesso opposto: poiché niente sarà più come prima, bisogna progettare, e in fretta, un mondo nuovo. Alla propagazio­ne di questi opposti estremismi contribuis­cono sia le visioni radicali che gli interessi in gioco. Esemplare è l’enfasi sul «declino urbano». La crisi Covid fa dire ad alcuni che le grandi città, così come le conosciamo, sono avviate sul viale del tramonto. Secondo questa visione, scende la notte sulla città «densa» (ovvero la città) e sorge l’alba sulla città «sparsa».

Ma siamo sicuri che questa sarebbe la strada migliore per la Capitale? Un esperto di sviluppo urbano come Roberto Camagni fa notare come il de profundis alle metropoli sia stato intonato più volte nella nostra storia recente.

Espesso per una ragione: dichiarare esausta la città è la base che legittima le nuove costruzion­i nelle periferie. Ma non è detto che tirar su nuovo cemento (Roma ne sa qualcosa) sia preferibil­e a migliorare – e anche di molto, usando tutta la tecnologia più appropriat­a – l’esistente.

La tecnologia, appunto. Anche qui, nella discussion­e in corso, si mescolano buoni argomenti e posizioni spinte da interessi economici (legittimi, ma da tener presenti) di chi la tecnologia la vende. Un buon argomento, per esempio, è l’esigenza di sviluppare nuove forme di lavoro che affianchin­o, senza metterle in contrappos­izione, attività in presenza e da remoto. Cioè il lavoro cosiddetto ibrido.

Ma questo le aziende e le amministra­zioni migliori lo stanno facendo da tempo, ben prima che esplodesse la pandemia: semmai il virus accelera l’innovazion­e. Un cattivo argomento è l’idea che basta un poco di zucchero e la pillola va giù, cioè che con un po’ di connession­e e di telepresen­za, anche senza rivedere profondame­nte le organizzaz­ioni (pensiamo ai ministeri), si possa risolvere il problema.

Le grandi città, dicono gli studiosi più seri, non sono affatto al tramonto, come dimostra la forte crescita del loro Pil tra il 2000 e il 2018. Roma, oltre ai noti «contro», ha molti «pro» dalla sua: bellezza a parte, è ad esempio molto più policentri­ca di Milano. E’ il momento più adatto per progettare concretame­nte il suo futuro mettendo in campo i migliori progetti per il Recovery Fund: possibilme­nte pochi ma buoni.

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