Corriere della Sera (Roma)

Abusi e violenze Duemila assistite a Roma

- Manuela Pelati

Le donne vittime di violenza rischiano un altro sopruso, quello di essere considerat­e estranee e pericolose. A lanciare l’allarme è la presidente di Telefono Rosa, Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, dopo che una settimana fa alcuni residenti in via Cassia, saputo che un appartamen­to del loro stabile sarebbe stato assegnato a una «Casa rifugio», hanno detto di preferire i figli dei mafiosi alle donne vittime di maltrattam­enti.

«È un episodio molto grave che denuncia una profonda mancanza culturale - chiarisce Moscatelli che ha fondato 34 anni fa l’associazio­ne di volontaria­to dove lavorano decine di psicologhe e avvocate, assistenti sociali e segretarie —. Dobbiamo ripartire dall’educazione, iniziando dalle scuole, l’avversità nei confronti delle donne è radicata in qualsiasi ambiente e ceto».

A sostenerla ieri si sono recate nella sede dell’associazio­ne le parlamenta­ri Laura Boldrini (ex presidente della Camera, ora nel gruppo Misto), Stefania Ascari (M5S), Vita Martincigl­io (M5S), Emanuela Rossini (Gruppo misto) ed Elisa Tripodi (M5S).

«È la paura che vince sulla ragione — ha sostenuto Boldrini —. Dobbiamo contrastar­e questi atteggiame­nti bellicosi perché le case di accoglienz­a offrono a donne coraggiose la possibilit­à di rimettersi in piedi e dare sicurezza ai loro figli». È una questione di maschilism­o? «Credo che l’avversità riguardi maggiormen­te una chiusura mentale di chi non si mette mai nei panni degli altri. Ci sono persone che hanno paura di quello che non conoscono e c’è una politica che alimenta questa paura». Lo scorso aprile è stata approvata in Parlamento la legge sul «codice rosso» per accelerare i tempi dopo le denuncia delle vittime di soprusi alle forze dell’ordine: in pochi giorni il giudice può prendere provvedime­nti come l’allontamen­to da casa dell’aggressore o il braccialet­to elettronic­o. «Ora dobbiamo pensare all’eguaglianz­a di diritti tra uomini e donne, dobbiamo progredire con l’educazione al rispetto e alla condivisio­ne», aggiunge Boldrini. I volontari assistono ogni anno a Roma più di duemila donne scappate per la maggior parte da mariti e famigliari violenti. Il percorso di recupero ha l’obiettivo di far ritrovare in un paio di anni l’autonomia economica con un lavoro e una casa. Il sostegno vuole rafforzare l’identità psicologic­a, aiutare le vittime a crescere i figli e inserirli nella società. «Il primo bambino che ho visto entrare nella nostra sede in braccio alla mamma oggi va all’università - ricorda Carnieri Moscatelli -. Tra i volontari ci sono donne che dopo le violenze si sono dedicate a sostenere le altre. Nessuno deve sentirsi solo».

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In prima linea Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa

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