Aldo Cazzullo presenta il suo libro «A riveder le stelle»
Aldo Cazzullo a Insieme presenta il nuovo libro «A riveder le stelle». Letture di Sonia Bergamasco
Titolo sentimentale: A riveder le stelle, preso dall’ultimo verso dell’Inferno della Divina Commedia di Alighieri. E sottotitolo senza possibilità di replica: «Dante il poeta che inventò l’Italia». Così Aldo Cazzullo, editorialista del Corsera, già nella copertina del suo ultimo libro (fresco di stampa per Mondadori) detta il ritmo del racconto in cui ripercorre versi e vicenda umana del Sommo Poeta. «È lui il padre della patria – dice – perché l’Italia non è nata da guerre, diplomazia e politica ma da cultura, arte e bellezza. Dai libri e dagli affreschi. Dante ci fa capire chi siamo noi italiani, cosa abbiamo fatto e cosa possiamo ancora fare. Ha costruito l’idea d’Italia, coniato l’espressione “bel paese” e fondato la nostra lingua».
Di questo parlerà oggi all’Auditorium, ospite del festival «Insieme» con Sonia Bergamasco alle letture, per la presentazione romana del volume. «Dante era ossessionato da Roma, la descrive più volte e fa addirittura una cronaca del Giubileo del 1300 raccontando il caos dei pellegrini in fila su ponte Sant’Angelo – racconta – La considerava il centro dell’universo, una patria morale. La venerava e la soffriva allo stesso tempo. Una città, diceva, che aveva conquistato il mondo due volte: con l’impero romano e con la chiesa, con i Cesari e con i Papi. Anche se poi non si fa scrupoli a condannare all’inferno tutti i pontefici della sua epoca: da Niccolò III a Clemente V, da Celestino V all’acerrimo nemico Bonifacio VIII, che lo fece convocare a Roma d’urgenza e poi si negò per mesi. Il poeta allora lo infila tra i dannati, che coraggio! Che libertà intellettuale!».
In A riveder le stelle Cazzullo ripercorre il viaggio di Dante all’Inferno – «è una sorta di romanzo dell’Inferno», dice – cogliendone rabbia e sentimenti: «Mentre loda la capacità degli italiani di resistere e rinascere dopo sventure, guerre ed epidemie. Fino “a riveder le stelle”, appunto. È severo con i compatrioti divisi in mille fazioni e famiglie. È critico verso l’Italia, denuncia politici corrotti, Papi simoniaci, banchieri ladri, usurai e tutti coloro che antepongono l’interesse privato a quello pubblico. Soprattutto i ruffiani, che sfruttano le donne per ricavare profitto. In un’epoca in cui ci si interrogava se le donne avessero un’anima, Dante le eleva a esseri superiori capaci di salvare l’uomo, la specie».
Lo fa non nel dotto latino, ma nella lingua dei mercati fiorentini. «Una lingua modernissima, di cui usiamo ancora tante espressioni. Sono suoi modi di dire come “senza infamia e senza lode”, “stare solo soletto”, “non mi tange”, “i migliori non fanno politica, siamo in mano ai mediocri” o “le leggi fatte a ottobre arrivano a mala pena fino a metà novembre”. Frasi che sembrano scritte per l’Italia di oggi».