Rebecchini attacca: «La città è bloccata, bisogna farla ripartire»
Il leader dei costruttori: dai 5 Stelle nessuna rottura col passato
Parla di «pregiudizio ideologico» nei confronti della categoria Nicolò Rebecchini, presidente dei costruttori, che traccia un bilancio negativo dell’amministrazione Cinque stelle e parla di città bloccata, della necessità di farla ripartire. Ritiene che a contraddistinguere la maggioranza guidata da Virginia Raggi sia stata la diffidenza verso un settore, l’edilizia, che invece dal suo punto di vista avrebbe potuto contribuire al rilancio della città. Commentando il fatto che la sindaca, a fine consiliatura, abbia aperto all’ipotesi di candidare Roma a ospitare l’Expo 2030, lo considera nient’altro che «uno spot».
Nicolò Rebecchini, presidente Acer, l’associazione che raggruppa i costruttori capitolini, è un problema per i cantieri l’obbligo di mascherina all’aperto?
«No, anche durante il lockdown non abbiamo mai chiuso, soprattutto nei lavori pubblici essenziali. Non dico che siamo abituati a lavorare con la mascherina, ma all’aperto si può fare».
Allora dove sta il problema?
«L’aumento dei contagi preoccupa, il Paese non può permettersi altri lockdown, anche parziali. Penso a turismo, commercio e ristorazione. L’edilizia per il momento si difende, i numeri sono incoraggianti seppure in un contesto comunque drammatico. Ma il dato non è banale, soprattutto in una città senza ottimismo».
Il Comune vi ha aiutato? «No, ce l’abbiamo fatta da soli. Però speriamo che le istituzioni comprendano che un settore così trainante possa essere la base da cui ripartire».
Chiede investimenti o un’investitura?
«Ma magari ce la dessero un’investitura: purtroppo il pregiudizio ideologico è talmente forte che non ce la daranno mai».
Lo dice alla sindaca Raggi o ai 5 Stelle che vi chiamano «palazzinari»?
«La verità è che i costruttori sono ancora visti come speculatori, consumatori di suolo, imprenditori che portano avanti i loro interessi sfruttando i lavoratori. Ma questa amministrazione, per far tornare Roma traino del Paese, non ha messo in atto politiche tali da dare soluzioni. Qua la gente vive col timore del giorno dopo, e questo è un problema sociale. I pregiudizi bloccano tutto».
In vista delle elezioni, che bilancio farebbe degli ultimi quattro anni durante la giunta Raggi?
«Da 15 anni a Roma falliscono tutti. Ma i 5 Stelle sono peggio di chiunque altro. Hanno avuto modo di governare e non hanno rotto col passato, come dicevano di voler fare. E tutto si è fermato: e non si può toccare il Piano regolatore, e non si può fare rigenerazione urbana, e “no perché è un favore ai costruttori”... Ma il problema sono i costruttori o le 12 mila famiglie per strada, in attesa di un alloggio?».
Raggi però ha candidato Roma all’Expo 2030 e a sede dell’Agenzia biomedica europea. Dopo i no a Olimpiadi, ha cambiato idea o è tattica elettorale?
«È un cambio tardivo e ormai non risolutivo. Chissà se sulla via di Damasco... Più probabilmente si tratta di uno spot anche se spero non lo sia. Che stavolta Raggi creda davvero in quello che c’è da fare per rilanciare Roma. Ma 4 anni fa aveva un’occasione: doveva passare dalla protesta alla proposta».
E invece che cosa è successo? «I primi due anni Raggi era diffidente su tutto e verso tutti, poi c’è stato un tentativo di avvicinamento e noi ci aspettavamo progetti che riuscissero a far cambiare rotta alla città. Avevamo fatto delle proposte: Bastogi, Tor Sapienza, il quadrante Tiburtino, tra le tante. Però poi non è stato fatto niente. E tutto è diventato spot».
Ci fa un esempio?
«Qualche giorno fa la giunta approva una delibera sull’housing sociale, però mancano solo 8 mesi alla fine della consiliatura. Ecco, una delibera programmatica me la aspettavo 4 anni fa perché così, a pochi mesi dalle elezioni, è solo demagogia politica. Queste sono le persone con cui ci siamo dovuti confrontare. Per forza, alla fine, decidi di arrenderti».
Aspetta anche lei le elezioni, insomma.
«Ci auguriamo che sia da sinistra, sia da destra nascano proposte autorevoli per Roma. Per me la proposta deve essere civica, comunque al di fuori dalla logica dei partiti. Ma, sindaco a parte, chiedo anche a Zingaretti di mettersi in condizione di aiutare Roma: è romano, è segretario di un partito che governa. Chi più di lui? Io ogni giorno leggo di Zaia che si batte per la sua regione. Che a Milano la Regione, della Lega, e il sindaco, del Pd, lavorano insieme per la città. Mentre da noi solo polemiche e spot elettorali».
❞ L’edilizia
Per il momento ci difendiamo: i numeri sono incoraggianti ma il contesto è drammatico
❞ A Zingaretti
Gli chiedo di aiutare Roma, chi più di lui? È romano ed è il segretario del partito che governa