Virus e sfratto, addio Salone Margherita
Chiude lo storico teatro del Bagaglino. Pingitore: «Il contratto era scaduto da tempo»
Cala il sipario su un palcoscenico storico della Capitale. Il 30 settembre scorso si sono definitivamente spenti i riflettori sul Salone Margherita, ovvero il teatro di via Due Macelli per tanti anni noto come Il Bagaglino.
La società Marino&C, fondata nel 1920 dai fratelli Marino, che ha sempre gestito la sala, restituisce l’immobile al suo storico proprietario, la Banca d’Italia. Il profondo rammarico di Pier Francesco
Pingitore, altrettanto storico autore e regista dello spazio scenico, è evidente: «Sapevamo già da tempo che sarebbe purtroppo arrivato il momento di lasciare il Salone Margherita. Il contratto era scaduto da qualche tempo e conoscevamo la volontà della Banca d’Italia di rinnovare il locale e venderlo».
Qual è la vostra reazione?
«Bè, certo non possiamo incatenarci alle porte, ma il Salone Margherita deve restare un teatro».
Destinazione d’uso Tra i timori più grandi quello che la storica sala diventi un negozio
La fiducia Si sta, in ogni modo, continuando a lavorare ad un nuovo show
Continua Pier Francesco Pingitore: «Se la Banca d’Italia vuole sbarazzarsi del Salone Margherita, lo può fare, ma un fatto deve essere chiaro: non può essere trasformato in un negozio, in una trattoria, in un supermercato... E quando la Banca avrà trovato il compratore, deve pretendere garanzie certe sulla destinazione d’uso dell’immobile: è uno dei più bei teatri liberty d’Europa, che ha più di cento anni».
Una storia che inizia ai primi del Novecento...
«All’inizio era un caffè concerto. Poi diventa un palcoscenico che ospitò i più famosi comici, le soubrette dell’epoca... un esempio? La Bella Otero. Per non parlare poi di Aldo Fabrizi, Totò e di Petrolini, onorato da una lapide dentro al teatro, che lui aveva eletto a proprio luogo privilegiato di espressione artistica. ERa il meglio della comicità del glamour. Nel dopoguerra, diventa un cinema d’essai, dove non andava nessuno».
Poi arriva il duo Castellacci-Pingitore, nato alla metà degli anni 60.
«Mario ed io abbiamo iniziato in una cantina, al vicolo della Campanella. Avevamo chiamato la nostra compagnia Il Bragaglino, in ossequio ad Anton Giulio Bragaglia. Poi, per questioni legali sollevate dagli eredi del grande regista, cambiammo il nome in Bagaglino. Nel 1972 proponemmo al Cavaler Marino, fondatore del Salone, di utilizzare quel meraviglioso spazio che era in letargo. Ci diede il permesso».
Prende il via una lunga stagione di spettacoli.
«Migliaia di spettacoli, milioni di spettatori dal vivo e anche in tv, sui canali Rai e poi Mediaset. Abbiamo avuto innumerevoli protagonisti: da Oreste Lionello a Leo Gullotta, da Martufello a Mario Zamma... E poi soubrette come Pamela Prati, Lorenza Mario, Valeria Marini...».
E poi i numerosi politici: sia coloro che sono stati imitati, sia quelli che sono saliti in palcoscenico. Quale ricorda con maggior divertimento?
«Come dimenticare Andreotti? Oreste lo imitava già da tempo e una sera si presenta in sala quello vero, che all’epoca credo fosse presidente del Consiglio. Prima si sedette tra il pubblico, poi lo chiamammo in palcoscenico. Resta nella memoria la sua battuta ironica, rivolta al suo imitatore. Lionello era bassino e Andreotti, che era più alto, gli disse: “Se si mette un paio di tacchi, la mando al posto mio alle riunioni”».
L’ultimo spettacolo risale a prima del lockdown.
«Si intitolava La Presidente, interpretata dalla Marini. Ora guardiamo al futuro con fiducia: sto lavorando a un nuovo lavoro. Sono certo che torneremo in scena».