«Benvenuti nel mio spazio Infinito»
A Luca Parmitano è dedicato «Earthling», pre-apertura della Festa del Cinema
Meno dieci, nove, otto… E poi arriva domani, la preapertura della Festa del Cinema è con Earthling di Gianluca Cerasola, racconto affascinante su Luca Parmitano, 43 anni, l’unico astronauta italiano ad aver mai passeggiato nello spazio.
Il docufilm è un viaggio nella missione spaziale Beyond: la preparazione e gli allenamenti alla Nasa negli Stati Uniti, in Giappone e Russia.
Ma anche la vita e le emozioni dell’unico italiano che abbia mai assunto il comando della Stazione Spaziale Internazionale. Si toglie la tuta da 140 chili e si racconta: «I record mi fanno sorridere, sono fatti per essere infranti, aspetto con spirito di squadra il collega che li supererà».
Ma nel docufilm c’è un suo record impressionante…
«Forse si riferisce alla gara di Iron Man, dopo una missione: 180 km in bici, 42 di corsa e 3 di nuoto. Li ho fatti tutti di fila, in 12 ore e 27 minuti».
La solitudine in orbita?
«Si può essere soli nel deserto, oppure a Times Square nella folla a Capodanno, e avere la compagnia dell’esperienza stessa; si può essere soli ma non in solitudine. Non è l’ambiente a crearla, ma la condizione mentale».
Pensa mai al sacrificio di chi le vuol bene?
«Sì lo impongo e a volte ne pago le conseguenze. Ma amo il mio lavoro, c’è un percorso da fare che passa dall’aeronautica militare e… Ci sono dentro con passione».
A cosa pensa quando passeggia nello spazio?
«Gli astronauti sono esseri umani, siamo focalizzati sulla missione ma nessuno di noi pensa in modo lineare, magati sei agganciato a un braccio robotico e pensi alla bellezza, al silenzio, all’incredulità…».
Conta i giorni che...
«Quelli che mancano all’atterraggio? No, mai: il mio lavoro è un privilegio limitato nel tempo».
E quando torna in Terra ha voglia di tornare in cielo?
«È qualcosa a cui penso molto, ma negli anni ho imparato a apprezzare il momento. Vivo tra Houston e Colonia, dove ho il mio ufficio. Ho 366 giorni non continuativi nello spazio».
Quanto ci si mette a riabilitarsi fisicamente?
«Sei settimane. Io mi ero proposto di fare una mezza maratona dopo un mese e ci sono riuscito. La preparazione atletica? In orbita due ore e mezza al giorno; in addestramento, sei ore sott’acqua con lo scafandro, è l’elemento che più si avvicina alla condizione spaziale».
La tuta?
«Pesa 140 chili, è composta di 18mila parti, è il vestito più costoso del mondo: 15 milioni di dollari. Protegge da raggi solari, trattiene il calore corporeo, fornisce ossigeno, acqua, elettricità».
Il cibo?
«E’ precotto o pronto l consumo aggiungendo acqua. Si conserva fino a cinque anni».
La Terra è fragile da lì?
«Nell’ultimo decennio lo è sempre di più, ed è visibile a 400km dalla superficie».
Il suo film nello spazio?
«Perché sceglierne uno soltanto? Io sono per la diversità: Interstellar ha anche una storia d’amore tra padre e figlia; 2001 Odissea nello spazio,fa tenerezza pensare che all’epoca si potesse viaggiare verso Giove con un’astronave che somiglia alla Stazione Spaziale Internazionale; Apollo 13 è quasi documentaristico e non ci accorgiamo che ha 25 anni…».
Se le dico Leopardi?
«Ci sono tani modi di interpretare l’Infinito. Anch’io ho una visione romantica. L’Infinito è l’ignoto, quello che non vediamo ed è legato alla divinità, l’istinto di rivolgere lo sguardo al cielo è legato a questo. Le parole esorcizzano le possibili paure connesse a quello che non conosciamo. Non comprendiamo l’idea di vita così come il concetto di Infinito».
❞ In orbita Siamo esseri umani, focalizzati sulla missione ma nessuno di noi pensa in modo lineare