Corriere della Sera (Roma)

Baby calciatori in campo e la realtà da non ignorare

- Di Simona De Santis

Ci sono i regolament­i, è vero. I protocolli della Federcalci­o ispirati alle norme anti-Covid. Eppoi, c’è la realtà. Quella di migliaia di giovanissi­mi che hanno ripreso a giocare a calcio il sabato e la domenica. E ad allenarsi in settimana. Con tutto quel che ne consegue: genitori che li accompagna­no e che, spesso, per aiutarsi portano in auto anche i compagni di squadra, padri e madri dietro le recinzioni a guardare la partita, qualche nonno «appostato» qua e là. Ragazzini che si mettono gli scarpini uno vicino all’altro, e (giustament­e) esultano se segnano. Gli allenatori li richiamano all’ordine, a lavarsi le mani. Le scuole calcio romane hanno tradizioni gloriose e nessuno nega che tengano ai loro giocatori. Che, però, sono appunto ragazzi. E il calcio è uno sport di contatto. Nelle categorie dilettanti, tra allievi, giovanissi­mi, esordienti e pulcini, i tamponi non vengono fatti. Nel Lazio ci sono 95mila giovani calciatori tesserati per la disputa di oltre 38mila partite. Tra questi Roma ne conta circa la metà. Senza considerar­e i campetti di quartiere. Numeri che, ora, non ci possiamo permettere.

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