VENDIAMO LE CASE POPOLARI?
Immaginate che una città come Verona, Parma o Perugia abbia un solo proprietario delle case, proprio di ogni casa, insomma il proprietario della città. Impensabile? Invece: è la realtà di Roma, dove i soggetti pubblici (Ater della Regione e il Comune di Roma) sono proprietari di quasi 50mila appartamenti il primo e di circa 26mila il secondo. Insieme superano le 70mila unità, al cui interno è facile stimare una popolazione analoga a Verona, Parma o Perugia.
È un’altra foto della «periferia» di Roma. Un altro modo di conoscere il mistero delle tante piccole città che stanno dentro la città, dentro Roma, sempre meno città e sempre più un contenitore di città.
Parliamo dell’edilizia pubblica popolare nata da più di un secolo per rispondere alla domanda crescente di abitazioni. Già ai primi del Novecento Ernesto Nathan pensò e realizzò alcuni quartierecittà come Testaccio e Garbatella. Durante il Fascismo, anche per lo sventramento del centro storico, furono create nuove città satellite come Quarticciolo, Collatina e le altre. Le città di Nathan sono oramai un tessuto edilizio e sociale che non può certo definirsi «periferia». Al contrario, l’edilizia pubblica degli Anni 70 (Tor Bella Monaca, Laurentino 38, Corviale) è bloccata dentro un meccanismo periferico da cui non riesce a uscire.
Bisognerebbe trovare il modo di emancipare almeno una parte dell’edilizia popolare dal destino di degrado.